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    2 giugno 1993 / 2 giugno 2020 : Matteo Messina Denaro, una latitanza che continua da 27 anni

    E’ il 2 giugno del 1993 quando la procura di Palermo chiede ed ottiene l’ordine di arresto di Messina Denaro, accusato di associazione mafiosa e diversi omicidi. Ad accusarlo è il collaboratore di giustizia Balduccio Di Maggio. Quando i carabinieri arrivano a casa del boss trapanese, lui è già invisibile.

    Inizia così la latitanza di “U Siccu” che sfuggiva alle catture e ordinava guerre alle famiglie all’interno di un’Italia che si scontrava tra Stato e mafia.

    Attentati e sangue da nord a sud mentre si ordinava di far saltare anche i pilastri della giustizia come Falcone e Borsellino. Per dare segnali forti di una istituzione ancora salda, si arrestavano Riina e Provenzano.

    Ma lui scappava. Come il vento e come l’aria. Un’affare, il vento, che gli piace al punto da farsi ospitare durante la latitanza da Vito Nicastri, un imprenditore trapanese che si occupava dell’eolico e che viene arrestato il 13 marzo 2018.

    Per ventisette anni, “Iddru”, figlio di don Ciccio Messina Denaro, (morto a 78 anni da latitante, nel 1998, come capostipite della cosca castelvetranese), continua a beffare le più importanti intelligence internazionali. Ultimo purosangue della vecchia mafia, discendente dei corleonesi Matteo Messina Denaro continua ad essere un uomo inafferrabile.

    Il suo curriculum criminale non parla di crimini in giacca e cravatta, quelli con i colletti bianchi che s’insinuano nei palazzi, che ti indottrinano da piccoli per entrare nel tessuto sociale da grandi. No, lui non aveva studiato, anche se, si leggerà in un suo biglietto, gli sarebbe piaciuto. La sua scuola è stata fatta di pizzini e kalashnikov, tritolo e acido, pistole e mitra. Rigidità e regole, ordini e rispetto  disattendendo però, quei codici d’onore secondo i quali le donne e i bambini non si devono toccare: nel trapanese uccide Antonella Bonomo fidanzata del mafioso Vincenzo Milazzo di Alcamo, assassinato durante la guerra di mafia. La ragazza «era incinta ma Matteo non l’ha risparmiata» ha detto il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera. Oppure il piccolo Giuseppe Di Matteo strangolato e poi sciolto nell’acido dopo 779 giorni di prigionia.

    Ma questi sono solo alcuni dei delitti di cui si macchia Diabolik (tra i tanti modi in cui si fa chiamare Matteo), e per i quali è ricercato. Nei suoi confronti pesa un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori. 

     

    Emma L.

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