Settantacinque anni di Repubblica italiana da quando, il 2 giugno del 1946, con un referendum, veniva abolita la monarchia di Casa Savoia con 12.718.641 voti (contro 10.718.502 e 1.498.136 schede nulle o bianche). lo scettro del potere passava dunque in mano al popolo (o almeno così recita la Costituzione che, quell’anno, entrò in vigore il 1 gennaio e da allora continua a recitare questa formula nel suo art.1)
Gli aventi diritto al voto erano 28 milioni, i votanti (uomini ma soprattutto, e finalmente, anche donne) furono quasi 25 milioni (24.946.878 per la precisione), pari all’89,08%. In Sicilia, furono 1.301.200 i voti per la monarchia e 708.109 quelli per la Repubblica che invece, ottenne il risultato più ampio a Trento, dove conquistò l’85 % dei consensi. Il risultato di questo cambio d’abito epocale per l’Italia, fu reso pubblico il 18 giugno dello stesso anno. Il primo luglio successivo, Enrico De Nicola fu nominato primo presidente della Repubblica Italiana, mentre Alcide De Gasperi fu il primo presidente del Consiglio.
Settantacinque anni di storia della Repubblica fatta di alti e bassi di cui gli ultimi due, hanno sicuramente lasciato un segno indelebile non solo sul Paese ma, nelle vite degli italiani che, per 730 giorni circa, hanno vissuto a metà. Sospesi tra la vita normale e la morte nel cuore. Terrorizzati per un anno. Tristi per chi andava e depressi, nonostante si restasse con una mascherina alla bocca per evitare di inalare il virus che prendeva sempre più le sembianze di una museruola che quasi impediva di parlare. tuttavia, nonostante tutto, c’è stato chi ha “abbaiato”.
A volte è sembrata la prova generale (e un pò arrangiata) per il controllo delle masse prima della terza guerra mondiale che qualcun altro, da qualche altra parte (tra Cina, Russia o Stati Uniti), sta di fatto pianificando ma, non è, e non è stata, una partita a Risiko. Non è fantascienza.
Questa gente che è rimasta, noi che restiamo, siamo comunque, fortunati. Anche nella più disastrosa situazione, quelli che si sono visti chiudere in casa, barricati in smart working con mogli e figli in DAD, oppure senza lavoro e senza poter andar a sbattere la testa qua e là, perché era “vietato uscire” oggi siamo, per il semplice fatto di esserci, i più fortunati.
Anche noi che siamo italiani, e ancor più fisici rispetto ai freddi tedeschi ad esempio, siamo stati allontanati dagli affetti, senza carezze, senza baci, senza pacche sulle spalle.
Soli.
Per salvarci hanno detto. Ma noi lo sappiamo: a volte cura più un sorriso di una pasticca. Sorrisi che ci hanno obbligato a nascondere dietro una maschera. E’ vero, da ridere c’è stato ben poco. Persino gli occhi si sono lasciati contagiare da tristezza, paura…a tratti terrore. Le pasticche non servivano dentro quelle terapie intensive che, dicevano di no, ma ci sono stati momenti che hanno riempito in base all’età e alla “possibilità” di farcela. La gente è morta sola. I parenti senza poter dare un ultimo saluto. I corpi sono stati cremati quasi a voler cancellare ogni traccia di questo male. Ma nessuna cosa può essere cancellata.
Ricordiamo ancora le parole dell’ex premier Giuseppe Conte che il 9 marzo di quasi due anni fa tuonava: «Non c’è più tempo: l’Italia sarà zona protetta. L’Italia diventerà un’unica zona rossa. Saranno possibili spostamenti solo motivati e in più ci sarà il divieto di assembramenti».
Le mascherine, ancora oggi, sono la seconda pelle che ci toglie il fiato per salvarci la vita che, nel frattempo, se n’è andata via.
Milioni le persone che sono morte in un’Italia che, come il resto del mondo, era impreparata alla pandemia che l’aveva colpita. Eppure, nonostante fossimo da 74 anni figli di una Repubblica Democratica (anche se da un pezzo – ci siamo lasciati pilotare da governi tecnici “per il bene dell’Italia e degli italiani” dicevano, e senza interpellarci si sono susseguiti: Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte ed infine Draghi), si forzava la mano a colpi di DPCM.
Ci si imponeva ad una popolazione spaventata mandando “al fronte” infermieri e medici a mani nude senza però preoccuparsi, magari, delle regole basi (i dpi, i distanziamenti, i turni massacranti e tanto altro) e, per esempio, come da interrogazione dell’on Galeazzo Bignami (deputato FDI) attivare il piano pandemico (nonostante non fosse aggiornato e fermo al 2016) per evitare forse, col senno di poi, il proliferare non solo del covid-19, ma della morte.
Invece ad oggi, dai ministri della Salute, che nel frattempo si sono susseguiti (da Beatrice Lorenzin a Giulia Grillo fino a Roberto Speranza), ai Ministeri, che gli italiani pagano (insieme ai ministri), nessuna risposta arriva in merito (ce lo hanno raccontato bene le Iene QUI ). Ovviamente nei vari recovery fun, plan ecc, la salute degli italiani è rimasta (come da copione “Conte”) in fondo alla lista e per gli “eroi” che hanno curato e supportato a costo della loro stessa vita gli italiani, una pacca sulla spalla è bastata a favore della digitalizzazione (rivoluzione che sarebbe dovuta avvenire da circa 20 anni e per la quale servono solo poche figure a determinare un cambiamento invece…).
Del resto il piano prevede una ripresa si, ma anche resilienza cioè “la capacità di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà”, quindi, per la gente del sud che è abituata alla sofferenza, non sarà un problema continuare a usare i treni regionali, per dirne una, e parlare di alta velocità incentivata sempre più verso l’alto dello stivale (senza contare, cercando il famoso ago nel pagliaio, che quelle piccole migliorie delle linee ferroviarie sono state effettuate nella Sicilia d’occidente lasciando ad oriente la lentezza -come se lavorassero solo i catanesi e i messinesi mentre i trapanesi pensassero alla tintarella tutto l’anno-).
Così a quasi due anni (settecentotrenta giorni) ci ritroviamo pronti (ma di fatto lo siamo sempre stati, almeno noi italiani) a ripartire. Per noi stessi, per chi non c’è più e per chi, di questo Paese, è il futuro: i bambini (bambini che però, continueranno ad avere, maggiori servizi al nord piuttosto che al sud -legge nidi e scuole infanzia comunali ad esempio-).
Così ieri il nuovo presidente del Consiglio, succeduto a Conte, Mario Draghi, nel corso della sua visita in Emilia Romagna, ha detto: «Abbiamo davanti una fase nuova di ripresa. Il timore è che non sia duratura. Serve un’Italia unita. I mesi della pandemia sono stati un disastro sanitario, economico, ma anche culturale, sociale, educativo. Le diseguaglianze sono aumentate. Ma, grazie ai sacrifici degli italiani e alla forte accelerazione della campagna vaccinale, abbiamo davanti una fase nuova». Una fase, ha proseguito il presidente del Consiglio, «di ripresa e fiducia, su cui costruire un Paese più giusto e più moderno. E liberare le energie che sono rimaste ferme in questi anni». (o magari bloccate ?!)
Di certo a rimboccarsi le maniche (è carino che qualcuno lo sottolinei ma come si dice in questi casi “la storia siamo noi”), sono sempre gli italiani che oggi, si ritrovano distrutti da imposizioni studiate per l’emergenza da uomini che non scelgono da un ventennio i propri rappresentati i quali, a loro volta, si raggruppano in tavoli tecnici composti da gente che, in qualche modo, deve poi rispondere in altre sedi più competenti, di qualcosa.
Ma poi arrivano i contentini, che sanno di specchietti per le allodole, per placare gli animi o spostare l’attenzione un pò qua ed un pò là. Bonus sull’acquisto delle case, ad esempio, per banche che poi non danno mutui a chi non ha un euro 8che se non hanno per eredità non hanno certo potuto mettere via con gli stipendi italiani a cui si affiancano le tasse) e comunque non più dell’80% (e a fronte sempre di un anticipo) posto che solo una bassa percentuale di giovani gode di un contratto a tempo indeterminato, con un indice di disoccupazione e inoccupazione (mai) così alto (8 milioni 200 mila – dati Anpal rif 2020 ).
E la domanda è: chi dei parlamentari, sempre assenti ad un Parlamento che dovrebbe rappresentarci (va ricordato che in questi due anni in cui moltissimi italiani hanno perso il lavoro, nessuno di loro ha mai rinunciato allo stipendio nè l’ha usato per aiutare gli italiani in difficoltà), farebbe da garante per l’acquisto delle case che nel frattempo, con la pandemia in corso, soprattutto in città come Roma o Milano, che si sono svuotate causa smartworking, mantengono, ed in certi casi addirittura aumentano, il prezzo del mattone?
Ma questo è solo uno degli innumerevoli esempi per il quale certamente ringrazieremo il covid, almeno per la seconda volta in due anni, se oggi, non parteciperemo a nessuna parata militare (militari che però vediamo a presiedere le piazze immobili, magari ad assistere a scene pietose senza però poter intervenire. E allora la domanda è: perché gli italiani devono pagare l’esercito in piazza Duomo a Milano, in stazione centrale piuttosto che a Piazza di Spagna a Roma quando invece potrebbe essere impiegato per qualcosa di più importante?). Insomma del resto da due anni non festeggiamo i compleanni dei nostri cari con le persone che amiamo, le piccole imprese hanno da poco riaperto e a stento… la nostra “cara Italia” capirà.
Oggi 2 giugno, restano chiusi i giardini del Quirinale ed è annullato anche il ricevimento delle personalità della politica, dell’economia e della cultura. Insomma, siamo affranti.
Come da tradizione il Capo dello Stato, ha omaggiato il Milite Ignoto deponendo una corona d’alloro all’Altare della Patria, prima del passaggio delle Frecce Tricolore che, con i 10 aerei, di cui nove in formazione e un solista, resta la pattuglia acrobatica più numerosa del mondo.
Nessuno, poi, si perderà alle 19, l’ultimo discorso di Mattarella, alla presenza del premier Mario Draghi e di tutto il governo.
Cara Italia e carissimi italiani
Buona Festa della Repubblica!
Mà