Due giorni possono sembrare pochissimi per visitare Trapani ma, con una piccola guida si può ottimizzare il tempo a disposizione per girare la “piccola” e luminosa città dalla quale, nasce l’Italia intera.
Oltre che dal sole, Trapani si lascia baciare da due mari (il Mediterraneo ed il Tirreno), esattamente nella sua punta estrema: Torre di Ligny (eretta nel 1671 dal principe di Ligny come torre di avvistamento, terza torre costiera principale esistente in città insieme alla Torre della Colombaia o Torre Peliade, e la Torre della Tonnara di San Giuliano che delimita il confine tra Trapani ed Erice). Elegante dall’alba al tramonto, Trapani è la città capoluogo della provincia omonima dell’estremità occidentale della Sicilia.
Costantemente accarezzata dal vento e levigata dal sale, la lingua di terra sulla quale sorge la città, ed il suo porgersi verso l’Africa, hanno affascinato in molti nei secoli, tanto che le pagine dell’Eneide la ricordano con il nome di Drepanum, ovvero falce.
Indice
La Forma di “falce”
Calda ed accogliente da sempre, Trapani prima di mutare in ciò che è oggi, nasceva dalle acque e da lì aiutava gli uomini a “rimanere a galla”. Era, infatti, un semplice borgo di umili pescatori e commercianti. La sua prima metamorfosi la si deve ai greci che ne rimasero affascinati guardandola dall’alto della mitologica Erice ( oggi facilmente raggiungibile in auto, con la funivia o con gli autobus della compagnia AST ) in tutto il suo splendore.
Furono proprio i greci a darle il nome di Drepanum: una falce che brillava sotto i raggi del sole insieme alle sue saline (che si formavano naturalmente per evaporazione dell’acqua marina dalle rocce) e le campagne cangianti e generose nonostante il clima che dalla vicina Africa portava venti di scirocco afoso ed un mare straordinario che ne lambiva le coste offrendo alla vista un piccolo arcipelago di isole che sembrava quasi di poter toccare col palmo della mano (le isole Egadi: Favignana, Levanzo, Marettimo che oggi è possibile raggiungere, passando per la minuscola Formica – abitata nel corso dei secoli da Fenici, Cartaginesi, Greci, Italici, Romani, Arabi, Normanni e oggi proprietà privata e sede di una comunità terapeutica per tossicodipendenti “Mondo X”, fondata da Padre Eligio anche se, amministrata dal Comune di Favignana- imbarcandosi con aliscafo o traghetto).
Le mura difensive di Trapani e le sue torri
Chi arriva a Trapani resta incantato dalla spiaggia (libera) e dalla sua acqua cristallina presente lungo il litorale cittadino che ha come sfondo, oltre allo skyline della Trapani vecchia e nuova anche mulini a vento ed il Monte Erice
La Litoranea Dande Alighieri è frutto del lavoro dei punici prima e i Romani poi, i quali fino agli inizi del ‘900 cancellarono, quasi definitivamente, quell’identità trapanese riferita unicamente a quell’antico villaggio di pescatori.
Un po’ alla volta Trapani acquisiva nuove presenze che conferivano spessore alla sua personalità non solo a livello architettonico ma anche culturale.
La città, infatti, grazie ai Cartaginesi si fortificò di mura che le diedero un perimetro quadrangolare oltre a dispensarle quattro torri che, durante le guerre puniche (secondo alcuni durante la prima), divennero 5. Per volere del generale cartaginese Amilcare, infatti, venne costruita torre Peliade della Colombaia che è, ancora oggi, uno dei simboli più rappresentativi della città di Trapani tanto da essere incastonata nello stemma del comune di Trapani (cinque torri sormontate da una falce argentea a simboleggiare la fertilità e la forma della città).
La Colombaia sorge su un’isoletta all’estremità orientale del porto di Trapani sviluppandosi in 32 metri di altezza su quattro piani.
Con la dominazione borbonica, e fino all’apertura dell’odierna Casa Circondariale “Pietro Cerulli” nel quartiere San Giuliano del comune di Erice Casa Santa, la fortezza fu utilizzata come carcere e resta, tutt’oggi, uno dei migliori esempi di architettura militare in Sicilia nonostante, dagli anni ’60, è in stato di abbandono.
Delle 5 torri, oltre alla “Torre Peliade” della Colombaia, è possibile ancora vedere “Torre Vecchia” (all’angolo tra via Carosio e via delle Arti); “Torre di Porta Oscura” accanto al Palazzo Cavarretta (o Palazzo Senatorio) oggi sede del Comune; e la “Torre del Castello di Terra” (adiacente la Questura): Di “Torre Pali“, invece, non resta più nulla.
Il suo nome deriva dai pali conficcati ai lati che i marinai utilizzavano per tirare in secco le barche. A proteggere la città sono invece le “mura di Tramontana” (spagnole) che terminano con il Bastione Conca da un lato e la piazza dell’ex mercato del Pesce dall’altro.
La passeggiata sulle mura è obbligatoria perché oltre a regalare panorami mozzafiato, riporta un pò a quel villaggio di pescatori mentre il vento soffia ed il mare sbatte oppure ti culla mentre cambia colore dall’alba al tramonto.
Nonostante i lavori di riqualificazione, quella parte di città resta la più popolare ed al tempo stesso la più affascinante. I panni stesi alle finestre riportano indietro nel tempo mentre un “panaro” (che non è certo l’affluente del Po ma il “paniere”, cioè un cesto di canna intrecciato a mano.
Il termine deriva dal latino “panarum” che stava ad indicare un cesto nel quale riporre il pane. Da qui l’evoluzione in “panaro” dove però non si riponeva solo il pane ma uova, frutta, ortaggi… insomma la “spesa” in generale), veniva calato in strada per approvvigionarsi del necessario quando passava il pescivendolo o suonava il panettiere il quale lo riempiva e segnava sul conto che poi si saldava a fine mese.
Questa è la narrazione di una vita semplice e genuina. Uno spaccato singolare che racconta un altro ritmo, un altro sentire rispetto allo scorrere della via Giovan Battista Fardella.
Vicoli stretti che sanno di vita. Case dirimpettaie apparentemente vuote ma sempre vigili e attente restano abbagliate di luce e corrose dalla salsedine.
Silenzio e grida si alternano al passare del giorno sotto facce di luna nuova e di quella calante.
E mentre il monte Erice si specchia sulla spiaggia di san Giuliano, lungo la litoranea Dante Alighieri, un ritmo già diverso scandisce il tempo di vita (in spiaggia), di scienza (all’Università) e di morte (al cimitero) rispetto a quello che da una parte all’altra di torre di Ligny si percepisce anche solo in spiaggia.
Percorrendo le mura di Tramontana, oggi ricche di ristorantini e locali, si può facilmente accedere a delle spiaggette libere per fare una foto o per chi ha più tempo a disposizione, meglio, un tuffo. Una sosta obbligatoria è sicuramente da fare a Porta Ossuna, una delle porte appartenenti alla cinta muraria della città.
Questa Porta narra una storia del ‘400 di un mercante di schiavi, Felice Serisso, tradito dalla moglie con il suo stesso schiavo. Pare che l’uomo, dopo tre giorni dal tradimento, uccise gli amanti e tagliò la testa alla moglie che espose proprio fuori la sua casa, adiacente Porta Ossuna. Successivamente ne fece fare una di marmo affinchè nessuno dimenticasse l’adulterio compiuto dalla donna ma il tempo e gli agenti atmosferici la logorarono. Quella presente oggi è una riproduzione a memoria della storia di Serisso
Suggestivo è l’arco che precede la porta che lascia intravedere una piccola spiaggetta. Quasi un segreto cittadino. A destra della spiaggia il gruppo marmoreo della Madonna degli Abissi di Umberto Benini è stato dedicato ai pescatori morti in mare.
Proseguendo su Largo delle Sirene (ricco, anch’esso, di ristoranti, trattorie e vita popolare) si arriva, a Torre di Ligny, qualche anno fa sede anche di un museo civico.
E’ impossibile non notare, e soprattutto non fermarsi alla chiesetta di Santo Liberale, costruita nel 1600 dai pescatori di corallo, dove i trapanesi, il lunedì dopo la Pentecoste, festeggiavano con una scampagnata la “Pasqua ciuri” (la Pasqua dei fiori).
Si tratta di un’umile Chiesetta in tufo a “bordo scogli”, con un solo e semplicissimo altare. Fu costruita per ricordare un pescatore di corallo di nome Liberale che si spinse fino alle acque libiche per pescare il corallo. Lì venne attaccato ed ucciso dai corsari islamici per non aver rinnegato la sua fede cristiana.
La leggenda racconta che, nello posto in cui Liberale venne barbaramente ucciso, un’altra flotta di pescatori trapanesi fece una fruttuosa pesca di corallo tanto da ritenerla miracolosa.
Quando i pescatori tornarono a Trapani, sbarcarono proprio dove oggi sorge la chiesetta di Santo Liberale che, nonostante la posizione e la natura di tufo, continua a resistere alle intemperie e all’erosione del mare divenendo sede unica per matrimoni ed eventi religiosi.
Nei pomeriggi assolati d’agosto, la piazzetta antistante la chiesa, è popolata da bambini che giocano a calcio mentre vengono fotografati da turisti increduli: 40 gradi all’ombra e tanta energia alle 15 sono dei fenomeni se non altro da immortalare sempre che qualcuno che sta cercando di schiacciare un pisolino non agisca dall’alto con dei gavettoni!
A ridosso di Torre di Ligny è possibile avere accesso a delle spiagge (più rocciose) avendo così la possibilità di scegliere se bagnarsi nel Tirreno o nel Mediterraneo oppure, se la giornata lo consente, lasciarsi baciare da entrambi i mari tuffandosi nel mezzo.
Proprio sotto la Torre le persone del quartiere hanno ripulito e riqualificato una caletta meglio conosciuta come “a vasca du parrinu” perché, come da leggenda, pare un prete si venisse a fare il bagno proprio lì (a pochi metri, invece a “vasca i monache” cioè la vasca delle suore ed è facile intenderne il motivo).
Porta Oscura si trova, invece, sotto la Torre dell’Orologio, ed è la più antica porta della città. Costruita intorno al Trecento come porta di rappresentanza, tra le quattro delimita il confine tra la città fortificata e l’espansione ad ovest del periodo aragonese. La sua posizione ed il passaggio ad arco sottostante costituivano sin dalle origini di Trapani la porta più a nord della città fortificata.
L’Orologio astronomico di Torre Scura
L’orologio astronomico è stato progettato e realizzato dal mastro trapanese Giuseppe Mennella su ordine dei Giurati nel 1596 con marmo estratto dalla cava Rizzuto (Valderice). Si forma del Quadrante “Sole” e da quello del Lunario dove al centro c’è un grande foro a rappresentare il Pianeta Terra. I due quadranti sono circolari con inserzioni in piombo fatte a mano con bordo in pietra azzurra per raffigurare il cielo.
Dell’impianto difensivo del Castello di Terra, che alla fine del ‘500 subì un nuovo intervento di restauro, oggi rimangono due torri quadrate, una torre semicircolare e parte della cortina nord-est. La vecchia Questura di stile borbonico che lo comprendeva è stata totalmente ricostruita negli anni ’80.
Fontana di Piazza di Saturno
Costruita nel 1342 per volere dei Chiaramonte, questa fontana di stile barocco, è stata tra le prime realizzate per distribuire l’acqua che scendeva dalle falde del Monte Erice nel centro abitato. Attraverso un acquedotto ad archi di cui si sono perse le tracce, l’acqua arrivava in città e a nelle case. Nel sec. XVIII la fontana fu arricchita con la statua di Saturno, mitico fondatore di Trapani. Pare che dietro la statua di Saturno ci fosse un’altra torre di cui è rimasta solo una parete dove adesso si appoggia solo la divinità.
Piazza ex-mercato del pesce
Crocevia tra le mura di tramontana e la litoranea Dante Alighieri, una volta era la piazza dove si comprava il pesce fresco appena pescato. Dove ci si incontrava per scambiarsi le ultime notizie ed invitare un amico a prendere il caffè mentre l’andare e il venire del mare ricordava a tutti l’identità e l’appartenenza.
L’essere trapanese. Oggi in questa stessa piazza del pesce, non più adibita alla compravendita, svuotata forse della sua identità insieme ai suoi odori, al suo chiacchericcio e all’abbanniare, a Chiazza è rimasta spoglia e nuda come la Venere che si ritrova al centro della stessa a proteggere non più l’amore ma i naviganti.
Il Villino Nasi
Il Villino Nasi è un posto magico per posizione e storia. Nato tra la Colombaia e la città venne donato dai trapanesi a Nunzio Nasi, il primo politico veramente amato dalla popolazione e a ricoprire la carica di ministro. Oggi ad essere stato riaperto è il giardino un luogo molto suggestivo oltre che ricreativo.
Palazzo Ciambra-Giudecca
Di epoca cinquecentesca, il palazzo della nobile famiglia Ciambra, venne costruito nell’ex ghetto ebraico nei pressi della Sinagoga, per adibirlo ad abitazione. Nel 1901 il sindaco Eugenio Scio lo acquistò per conto del Comune di Trapani attraverso un fondo ministeriale concesso dall’onorevole Nunzio Nasi, allora Ministro della Pubblica Istruzione. È nel dopoguerra che il Comune di Trapani cedette l’immobile ai proprietari di una tipografia locale per ripianare i debiti contratti durante il periodo bellico.
Palazzo Lucatelli
Tra via Turretta e via San Francesco D’assisi, in Piazza Lucatelli, dal 1455 Palazzo Locatelli (appellato anche come Palazzo Barlotta) fu l’ospedale cittadino che, nel 1628 ereditò i beni di Lazzaro Lucatelli. Precedente all’attuale nosocomio Sant’Antonio Abate, non fu però il primo ospedale cittadino in quanto, precedentemente all’apertura di Palazzo Lucatelli, i malati provenienti dalle crociate in mare venivano accolti e curati in alcune case cittadine nel quartiere limitrofo (San Pietro).
Solo successivamente si fece forte l’esigenza di aprire un vero e proprio ospedale tutt’oggi dedicato a Sant’Antonio ma sorto nel comune di Erice Casa Santa. Nella facciata centrale, sovrastata da un grande balcone barocco spagnoleggiante, il Palazzo Lucatelli, mantiene un ritratto di Lucatelli.
Dal 1541 è stato arricchito con due portali laterali. Ulteriori modifiche furono apportate alla fine del ‘700 dagli architetti Giovan Biagio Amico, Paolo Rizzo e Vincenzo Liotta.
Nello stesso periodo l’Ospedale fu sede di una Accademia di medicina, fondata e diretta dal semiologo Giuseppe Cottone. Nell’800 era considerato tra i nosocomi più famosi dell’isola per l’esercizio medico di illustri clinici e chirurghi come Rocco Solina, Ignazio Lampiasi (medico e deputato) e Antonino Turretta. Palazzo Lucatelli fu chiuso nel 1968 quando aprì, nonostante non fosse ancora completato, l’ospedale S. Antonio Abate, per far fronte alle emergenze del terremoto del Belice.
La cattedrale di San Lorenzo
La Cattedrale di San Lorenzo, con una facciata in stile barocco, è il principale luogo di culto cattolico di Trapani. Edificata nel 1421 per volere di Alfonso il Magnanimo, nel corso dei secoli fu più volte modificata fino a raggiungere l’aspetto odierno per mano dell’architetto Giovanni Biagio Amico che la restaurò nel ‘700. Le decorazioni in stucco e le pitture, invece, furono realizzate tra il 1794 e il 1801.
Il pronao del Duomo presente nella parte inferiore si compone di tre campate, con archi a tutto sesto verso l’esterno. La cancellata che chiude lo chiude è in bronzo e ferro battuto, realizzata da Ennio Tesei nel 1990.
La parte superiore della facciata, priva di coronamento, è decorata da lesene ioniche e presenta un campanile con cuspide coperta da maioliche policrome. L’interno è a tre navate e custodisce una Crocefissione, attribuita al pittore fiammingo Van Dyck, un Cristo Morto, in pietra locale, detta “incarnata”, di Giacomo Tartaglia, un Padre Eterno di Domenico La Bruna, un San Giorgio di Andrea Carreca. Il 31 maggio del 1844 la chiesa venne elevata a Cattedrale con bolla di Gregorio XVI.
Chiesa del Purgatorio (Chiesa dei Misteri)
Si incastona nell’omonima piazzetta dal 1688 col mare alle spalle ed il vento ad accarezzarla. Sempre. Progettata dell’architetto Pietro Castro, nel 1712 il suo collega trapanese, l’architetto Giovanni Biagio Amico, si occupò di allestirne, in stile barocco, la parte esterna per farsi poi seppellire all’interno della stessa chiesa da lui frequentata da sempre (Amico abitava nella via San Francesco D’Assisi, a pochi passi da Piazzetta Purgatorio).
La chiesa venne duramente danneggiata durante il secondo conflitto mondiale ma venne successivamente restaurata e riaperta al pubblico negli anni ’60. All’interno la pianta è a croce latina con tre navate, divise da colonne e archi. Nel 1754 i maestri scalpellini Vincenzo e Giovan Battista Incrivaglia costruirono i pilastri marmorei del cappellone e le policrome balaustre del cappellone e della cappella laterale sinistra.
Nelle pareti laterali dell’altare, del presbiterio e all’interno delle due cappelle vengono conservate sei tele centinate del pittore trapanese Giuseppe Felice raffiguranti la Passione di Gesù Nazareno.
La chiesa si caratterizza oltre che per le dodici statue degli apostoli, realizzate in pietra stuccata da Alberto Orlando, soprattutto per ospitare il tesoro più importante per i trapanesi: dei Misteri di Trapani.
I Misteri di Trapani: cosa sono, origini, storie, quando si fanno
Si tratta di diciotto gruppi scultorei più i due simulacri, del Cristo nell’urna e di Maria Ss. Addolorata, realizzati con legno, tela e colla e successivamente decorati con fiori freschi a mano per la settimana Santa e fatti sfilare per le vie cittadine il Venerdì Santo, in processione, e portati in spalla, dai fedeli per 24 ore, dal XVII secolo.
Questo rituale, infatti, risale alle dominazioni spagnole, che usavano realizzare rappresentazioni teatrali o statuette per raccontare al popolo analfabeta il nuovo ed il vecchio testamento.
Ancora oggi in provincia di Trapani la tradizione dei Misteri è molto sentita tanto che in alcuni paesi, come Buseto Palizzolo, la rappresentazione la si fa con le persone che restano immobili, come delle vere e proprie statue, per tutta la giornata (misteri viventi).
A Valderice, invece, suggestiva la Bibbia nel parco. Per chi si reca a nel trapanese durante il periodo pasquale, imperdibili i misteri di Erice che, mantenendo la formula trapanese, regalano una magia diversa: le statue che si “annacano” sulle spalle dei fedeli perdendosi tra la nebbia delle piccole vie accompagnate dalla musica delle bande locali è uno spettacolo che non si può perdere.
Chiesa di San Pietro
A metà tra i due rioni della Giudecca e dei Biscottari, la chiesa intitolata a San Pietro fu eretta nell’antico quartiere “Casalicchio”, nel luogo, cioè, in cui sorgeva un tempio dedicato a Saturno o, secondo altri, a Nettuno. Di epoca paleocristiana, la Chiesa racconta, nonostante le sue varie riedificazioni e restauri, di stili cangianti nelle navate e nelle pitture fregiandosi, nel frattempo, di essere una basilica. Ciò che però, tra una navata e una statua, non passa inosservato è l’organo realizzato dal palermitano Francesco La Grassa.
Palazzo Riccio di Morana
Oggi sede della Presidenza della Provincia Regionale di Trapani il palazzo, del ‘500 e in stile neoclassico, ha avuto deli ritocchi di stile e di facciate.
All’interno spiccano gli affreschi e gli stucchi del soffitto dell’ampio salone, dalla pavimentazione maiolicata, che probabilmente furono commissionati, nel XVIII sec, da don Giacomo Riccio, Barone di S. Anna e Arcudaci, allora proprietario del palazzo.
Via Garibaldi
Anticamente chiamata “Rua nuova” la via Garibaldi è un’elegante passerella sulla quale si affacciano signorili palazzi e dove scalinate nascoste portano verso l’ingresso a chiese del ‘300.
Prestando attenzione sulla destra della via, a catturare l’attenzione è la facciata barocca della chiesa di S. Maria dell’Itria, eretta nel 1621 e successivamente ingrandita. Sul lato opposto, invece, è l’elegante prospetto di palazzo Milo (sec. XVIII) a solleticare la nostra attenzione. Appartenuto alla famiglia Saura, fu successivamente acquistato dalla Baronessa Milo e dalla famiglia Augugliaro, poi.
Lo stile architettonico mette in risalto lo stato sociale agiato delle famiglie d’appartenenza: la costruzione, infatti, risponde alla tipologia del palazzo aristocratico dei secoli XVII e XVIII. Notevole il salone delle feste che è dotato di un palchetto per l’orchestra.
La Scalinata di San Domenico
La scalinata di San Domenico ci riporta indietro nel tempo oltre che alla chiesa di S. Domenico, situata nel punto più alto della città di Trapani, che, rifatta nei sec. XVII-XVIII,sulle rovine della chiesa di santa Maria la Nova, per volere degli Aragona, la facciata conserva dell’originaria struttura trecentesca il rosone. All’interno, dietro l’abside che custodisce il sarcofago di Manfredi, figlio di Federico III di Aragona morto a Trapani nel 1318, a seguito di una caduta da cavallo.
Segna il termine di via Garibaldi il neogotico palazzo del Banco di Sicilia che conserva i portali trecenteschi della preesistente costruzione. Il palazzo apparteneva ai baroni Burgio di Xirinda. Del palazzo cinquecentesco rimangono la facciata con un portale con motivi a denti di sega e le finestre del primo piano.
Fu acquistato dal Banco di Sicilia (Unicredit) nel 1908 e restaurato a opera dell’architetto palermitano Francesco Paolo Palazzotto che ne realizzò la facciata neogotica
Di fronte è la chiesa di S. Maria del Soccorso, originaria del sec. XV ma ricostruita nell’800; nell’interno, pavimento a tarsia del sec. XVII e belle cantorie barocche.
In via Garibaldi, l’antica Rua Nova, si trova la chiesa dell’Itria comunemente chiamata Santa Rita, dei Padri Agostiniani.
Il Lazzaretto
Di fronte al Villino Nasi, verso la Colombaia, si trova il Lazzaretto, un tempo un isolotto che poi è stato unito alla terraferma. Nella struttura passavano la quarantena le barche con sospetta epidemia. Poi venivano portati lì i malati di epidemie come la peste. Oggi in parte è sede della Lega Navale.
A Trapani da vedere, anche se non in ottimo stato, il Palazzo della Giudecca, dei primi del ‘500, con le sue bugne diamantate di cui è rivestita la torre laterale.
Gli Ebrei erano abili commercianti ed eccellevano anche nella lavorazione del corallo. Eressero questo palazzo come sede della Casa Senatoria che amministrava la loro comunità. Ma nel 1493 un editto di re Ferdinando il Cattolico li cacciò dalla Sicilia.
In seguito alla loro cacciata se ne impossessò la famiglia Ciambra, forse anch’essa di origine ebrea. Lo stemma della famiglia è posto nell’arco sopra l’ingresso e rappresenta un cervo ai piedi di un albero.