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    Referendum Giustizia: a sinistra la “libertà” partecipa ma, al mare. A destra, invece, cresce.

    Mentre gli italiani spendevano circa 400 milioni di euro per i 5 referendum sulla giustizia, i rappresentanti dei partiti di PD E M5S, invitavano gli stessi ad andare al mare. Solo al mare. (ma che fine ha fatto quella “libertà è partecipazione?”)

    Non che fosse una cattiva idea quella di rinfrescarsi e dorarsi al sole, viste le temperature sempre in rialzo degli ultimi giorni, ma il dovere associato al piacere dovrebbe essere un monito a cui, lo Stato e i suoi rappresentanti, dovrebbero sempre, sempre, solleticare.

    La classe politica ha dimostrato di non essere super partes. Per l’ennesima volta, ha dimostrato, di non essere interessata al bene comune e al volere del popolo sovrano; a non voler assicurare l’osservanza delle leggi ma, invece, di essere coinvolta, impreparata e impaurita.

    I partiti di centrosinistra hanno manifestato contro un diritto/dovere (fomentando anche un silenzio stampa sui 5 quesiti) e boicottato un referendum a cui molti dovevano scegliere tra SI e NO e, solo dopo andare al mare.

    È certamente vero che ci si poteva impegnare a porre i quesiti in maniera più semplice ma, questa è un’altra storia.

    Nel frattempo, gli stessi rappresentanti di PD E M5S si sono mobilitati per i 978 Comuni italiani dove, i loro candidati, (stranamente collocati all’interno di liste civiche e in pochi casi presentati con i simboli di partito) si presentavano per le elezioni amministrative.

    Nella voce “spesa Referendum sulla Giustizia” si annotano: allestimento seggi elettorali, pagamento scrutatori, segretari e presidenti (stendendo un velo pietoso rispetto a quanto successo a Palermo e sul quale oggi c’è un’inchiesta in corso), gli straordinari per le forze dell’ordine e il personale amministrativo, il costo per i materiali e per l’apparato informatico.

    Ma il punto è un altro. Nel sacchetto della spesa dei non elettori, a sinistra c’è sempre un elettorato pronto a sostenere “l’ordine supremo”. C’è, cioè, il tesserato che risponde, come un militare, all’ordine del partito. Eppure nel 2022 il dato socio-antropologico dovrebbe migrare all’aldilà del nostro naso. Cercare di guardare, veramente, al bene comune.

    Aprirsi al dialogo e “partecipare” alle sfide a testa alta. A vincere, infatti, oggi, oltre ai disillusi, disaffezionati, disincantati, delusi, traditi, e per questo disertori delle urne, sono quelli del “SI”. Il centro destra che, checchè se ne dica, ha portato avanti (sua la proposta referendaria) un cambiamento.

    Una sfida popolare, motivata dalla raccolta di firme (vox populi) accolta e condotta al voto fino a raggiungere il risultato, certo senza quorum, vittorioso e consapevole rispetto ad un NO che, con rispetto del diritto e del dovere, di chi, con coraggio, ha disubbidito all’ordine e scelto, magari prima o dopo la tintarella, di votare con criterio personale.

    L’ordine, e non certamente partitico ma delle cose, è dunque volto al cambiamento. Senza la paura di chi impone. Ma di chi cresce.

     

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