Mentre ci sono stati molti giovani e adulti che si sono precipitati al sud Italia con qualsiasi mezzo senza aver il tempo di mettere insieme nemmeno due vestiti dentro la valigia, tanto scoppiavano d’ansia che, impastati dalla stessa paura e palpitanti della stessa ansia, con o per altre ragioni , c’è chi è rimasto. E’ rimasto composto al suo posto, incredulo, sgomento e con i suoi momenti di angoscia. Magari da solo chiuso in case scatolette. Lontano da affetti, da abbracci e calore nonostante le ristrettezze del momento; perchè un abbraccio non lo fa solo la fisicità: due braccia che ti stringono. Il calore di una casa lo si sente appena entri anche se i caloriferi sono spenti. C’è chi l’amore verso quelle case e verso quelle famiglie l’ha dimostrato restando. Mantenendo la distanza (oltre la sicurezza) e così facendo ha dimostrato di amare anche la propria terra. La ragione ha prevalso l’istinto e s’è fatta strada, giorno dopo giorno, in ogni istante di quarantena. Lunga ma necessariamente sempre “alla grande”, perchè da una parte e dall’altra, per chi è abituato a vivere lontano, va “sempre tutto bene”. E se l’Italia, ma anche i conterranei, hanno bacchettato i siciliani (e in generale i meridionali), ecco che noi qui elogiamo chi è rimasto. E magari pure a lottare. Non è un giudizio il nostro. Questa pandemia ha avuto un’evoluzione incredibile. Ha toccato picchi psicologici pazzeschi. Non è facile vivere in pochi metri quadrati. In tre o 4 persone senza poter uscire. Una casa si fa prigione e l’aria manca spesso. Oggi non possiamo dire ancora con certezza che “per fortuna è andato tutto bene” ma possiamo continuare, se non altro, a sperarlo!
La prima intervista riguarda Viviana, trapanese, 40 anni appena compiuti.
Buongiorno Viviana,
è il 21 febbraio, a Codogno chiudono le scuole. Un po’ alla volta, prima in Lombardia poi nel resto d’Italia, s’inizia a percepire, ciò che a breve sarebbe diventata una vera e propria pandemia internazionale. Tu vivi in Liguria. Come hai vissuto la crescita di questa emergenza nella tua città?
Attualmente mi trovo a Bordighera. Ho cercato, fino a quanto mi è stato possibile, di godere delle bellezze del luogo, in particolare della vista del mare. Dopo qualche giorno dalla chiusura dei confini delle regioni hanno chiuso gli accessi al lungomare e, devo ammettere con rammarico che questa condizione non mi è piaciuta, anche se l’ho ritenuta sensata. Questa cittadina non offre granchè, soprattutto nel periodo invernale, e quelle poche cose a disposizione che avevo, mi sono state vietate da un giorno all’altro. Questa è stata una cosa che mi ha fatto male.
Cosa hai provato e cosa hai fatto per sopravvivere alla paura/lockdown?
Dall’inizio della pandemia in Italia ho sempre percepito indispensabile non prendere questa situazione alla leggera. Capivo l’importanza di ciò che stava succedendo e in proporzione all’acuirsi dell’emergenza cresceva anche la mia paura. Non riuscivo a guardare un tg o a leggere un giornale senza che le notizie mi prendessero allo stomaco e al cuore. Sentivo un forte panico aggredirmi e, nonostante il mio intento di restarne fuori, era come se la tensione collettiva che viveva il paese si trasmettesse a me contro la mia volontà. Dopo qualche giorno di tensione ho deciso che il mio sistema nervoso stava subendo un brutto attacco e dovevo assolutamente attivarmi affinchè la serenità prendesse il posto del panico. Ho iniziato dunque a seguire un programma giornaliero specifico che cercava di portare equilibrio tra mente-corpo e spirito. La mattina la dedicavo alla scrittura, tenendo degli appunti in cui descrivevo in terza persona i miei stati d’animo e le mie giornate, non soltanto relative al periodo di emergenza, ma che rivivesse la mia storia come il racconto di un’altra persona. Facevo degli esercizi di respirazione e allungamento, da sola o seguendo delle dirette di allenamento da casa. Mi sono dedicata alla meditazione e al silenzio e ho pregato molto. Dopo qualche giorno di pratica tenace ho sentito in me un forte vigore e la paura andare via, per lasciare il posto a diverse consapevolezze. Non ho abbandonato mai la lettura di diversi libri dai romanzi a saggi sulla società. Mi è stato molto di aiuto seguire interventi, nelle diverse piattaforme, di personaggi quali filosofi, scrittori, cantanti e artisti, medici e tutti coloro che dedicano la propria vita nella diffusione di messaggi di cambiamento individuale e collettivo.
Un decreto alla volta i tuoi conterranei hanno assaltato le stazioni piuttosto che i porti o gli aeroporti per tornare in Sicilia ma tu sei rimasta. Perché questa scelta e cosa ne pensi di chi è tornato a casa
Tornare in Sicilia è stata una scelta che non ho preso mai in considerazione, almeno fino ad ora. Adesso sono costretta a pensarci seriamente dato il mio stato di disoccupazione e l’incertezza del lavoro del mio compagno. Il nostro contratto di affitto scadrà tra meno di un mese e in assenza di alternative penso che torneremo in Sicilia. Rispetto all’assalto ai treni o ai ritorni di massa in Sicilia, la mia opinione si è alternata tra la disapprovazione e la comprensione. Ritengo che la psicosi di massa si sia auto-alimentata dalla stessa moltitudine che ha sovrastato treni e mezzi pubblici di trasporto. La paura e la disperazione della solitudine ha sollecitato pensieri apocalittici nei confronti di chi sta lontano dalle proprie famiglie e ciò ha completamente divelto qualsiasi forma di razionalità. È come se questa gente fosse stata spinta da una forza più grande di loro, probabilmente anche incitati dalle famiglie che al sud non vivevano gli stessi drammi delle regioni del nord. Non credo ci sia stato nulla di premeditato, piuttosto mi è sembrata una follia derivata dalla paura. Questa è la parte della “comprensione”. La parte della disapprovazione, ovviamente riguarda la totale mancanza di auto controllo e di “egoismo” dimostrato in questo caso. L’irresponsabilità di questo gesto che non ha tenuto conto dei danni che questa fuga avrebbe causato se l’epidemia si fosse sposata assieme a questa massa sui più svariati convogli diretti al sud.
In realtà sono entrambe facce della stessa medaglia.
Di cosa ti occupi in Liguria?
Attualmente sono disoccupata. Ho tenute delle supplenze in una scuola dell’infanzia.
Come pensi sia stato gestito nella regione in cui ti trovi il problema e come nella Regione Sicilia?
Non riesco a dare una risposta a questa domanda, né nel caso della Regione Liguria né in quello della Sicilia.
Chi eravamo prima del covid19 e chi saremo dopo?
Credo sia ancora presto per dare una risposta a questa domanda. Siamo ancora nel periodo Covid-19 per cui esiste un prima ma non ancora un dopo(purtroppo). Il prima è agli occhi di tutti: un’umanità che ha sfruttato, depredato, violentato la terra e le sue risorse. Un’umanità sempre più legata alla propria immagine e con difficoltà a rallentare i propri ritmi. Un’umanità sempre poco proiettata verso il futuro e le nuove generazioni. Un’umanità egoista e poco empatica verso ciò che non è strettamente vicino a sé stessi.
Ovviamente questa è una grande generalizzazione. Ci sono, per fortuna, tantissime eccellenze in tutto il mondo e filosofie pacifiste che sono sempre esistite e sempre più si stanno espandendo e spero solo che il COVID-19 ne acceleri la diffusione.
Cosa, in questa lunga quarantena ti ha fatto davvero arrabbiare e cosa ti ha dato speranza?
Mi hanno fatto arrabbiare molto i tentativi di sciacallaggio politico. La scaltrezza di voler approfittare, da parte della politica, della debolezza della gente, attraverso discorsi diffamatori, le mascherine inviate nelle case con simboli di partito, questo continuo puntare “alla pancia”, sfruttando la rabbia, paura, la disperazione della gente da parte della nostra classe dirigente è una cosa che ritenevo disgustosa prima dell’emergenza e che adesso ritengo sia grave.
Il comportamento dei Lombardi e Piemontesi che hanno assaltato le coste liguri nelle loro case di villeggiatura, aumentando il numero della popolazione locale è stata una cosa che mi ha fatto arrabbiare molto. Ritengo che siano degli gesti di un egoismo e di una irresponsabilità che mi viene difficile giustificare.
Cosa ti manca di casa?
La distanza dalla mia famiglia, mio padre, mia madre e mia sorella, all’inizio è stata motivo di angoscia. Il pensarli lontani e impauriti rispetto a ciò che stava accadendo era per me fonte di dolore. Non ho sentito una vera mancanza, quanto una preoccupazione della salute dei miei. Vivendo fuori casa da anni, sono abituata a lunghi periodi di lontananza ed ho inserito, nella mia mente, questi mesi in un periodo fisiologico di distanza.
Quale sarà la prima cosa che farai quando si potrà tornare alla vita normale?
Una passeggiata al mare.
Cosa vorresti dire ai tuoi conterranei?
Di essere forti e non cedere ai ricatti alla rabbia e alla paura.
Quest’estate al mare col numeretto e distanziati o dimentichiamocelo…
Non potrei rinunciare al mare quest’estate. Credo che sarà l’unico motivo valido per beccarsi una multa.
Come hai vissuto la tua quarantena (lavoro a parte)? Cosa hai riscoperto?
Questa quarantena ho avuto molto da fare, come ho su descritto, le mie giornate le ho riempite di tante piccole cose piacevoli. Scrittura, lettura, meditazione e preghiera, attività fisica, ma anche lunghe telefonate con la mia famiglia. Ho vissuto in quarantena con il mio compagno impegnato con lo smart working e non ricordo di aver mai vissuto così tanto tempo in casa con lui. È andata bene.
Ho studiato per un esame che devo sostenere. Ma ho anche passato momenti di leggerezza e amenità, come vedere stupidi telefilm polizieschi americani o film leggeri o anche ciondolando per la casa senza concludere nulla.
Più che Riscoperto ho Scoperto tante cose. Ho compreso a fondo l’idea della precarietà della vita e dell’impermanenza delle cose. Ho capito bene che la sensazione di paura deriva da una forma di solitudine, dall’impossibilità di avere tutto sotto controllo, dall’illusione che dipende tutto da noi e che sarebbe bene lasciarsi andare e guardare accadere. Ho capito la nocività dell’attaccamento a vecchi schemi, vecchie forme di pensiero. Ma questo era un viaggio che avevo iniziato tempo fa, ma che, grazie al Covid-19, ne ho accelerato la comprensione. Tutti quelli che mi sembravano bei concetti e astratta filosofia ho la percezione di averli interiorizzati e vissuti sulla mia pelle. E credo che le esperienze, più che le belle parole, lascino segni indelebili dentro di noi.
Ciò non vuol dire che mi sento salva da ricadute, ma adesso cerco di accoglierle con tenerezza e pochi drammi, come fossero qualcosa di imprescindibile da me.
Le paure? Quelle saranno sempre una componente naturale dell’uomo e tanto vale conviverci senza far si che queste governino le nostre vite.