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    Beatrice, maestra precaria da 20 anni a Trapani, ci racconta “l’infanzia a distanza”

    Beatrice è un’insegnante della scuola dell’infanzia precaria da 20 anni. Lo è per scelta. Lei, 46 anni, non ha mai voluto prendere la decisione di andare al nord. Se l’avesse fatto, sarebbe già di ruolo. Un posto fisso senza trepidazione a settembre, né disoccupazione a giugno.  Trapani è la sua città. Beatrice c’è nata, ha la sua famiglia, i suoi nipoti, le sue radici, i suoi affetti, i suoi tramonti, il suo mare, i suoi bambini. Quelli per i quali ogni anno cambia scuola, città, paese. Quelli che le fanno sporcare le mani di colla e farina, che le riempiono i capelli di brillantini a Natale e coriandoli a Carnevale. Di scuola in scuola e di anno in anno, ha arricchito il suo bagaglio di esperienza. Ne ha fatto tesoro mettendola a disposizione delle colleghe che incontra. Una valigia che ha riempito ogni volta di prove, avventure, possibilità. Della vita degli altri. Incognite, episodi, momenti per i quali bisogna sempre farsi trovare pronta, e gestire. Improvvisamente davanti ad occhi pieni di lacrime o facce sorridenti, ginocchia sbucciate o nuove conquiste, ha trovato il suo modo giusto. Anche con i genitori. Perché in fondo il modo giusto appartiene ad ognuno di noi.

    Oggi, in questa emergenza covid-19, continua anche a distanza. Da precaria, mantiene relazioni appese al web o alle video chiamate con i bambini della scuola Dante Alighieri di Crocevie, a Valderice, dove quest’anno prestava servizio. I bambini non dimenticano. La maestra è la maestra. Attendono un video delle maestre, un messaggio, un saluto. Per loro vuol dire esserci. Non sentirsi soli.

    Come avete organizzato “l’infanzia a distanza” con le tue colleghe?

    «Insieme alle mie colleghe abbiamo pensato di raggiungere i nostri amati piccoli attraverso Weschool e attraverso Whatsapp. Purtroppo non tutti attraverso Weschool  perchè alcuni non hanno la possibilità di attiavare un’aula virtuale per via della connessione. Abbiamo cercato anche a distanza di seguire la programmazione didattica precedentemente elaborata, con un pò di fatica ma non solo. Abbiamo cercato di curare i rapporti umani, le emozioni a quell’età sono importanti e i bambini hanno bisogno di non sentirsi abbandonati a sé stessi. Lavorare in presenza con i bambini è naturalmente tutt’altra storia! Ma purtroppo il momento storico non ci consente di più!»

    Come hanno reagito i bambini allo stop della scuola?

    «I bambini all’inizio della chiusura hanno preso il momento in modo gioioso, non hanno subito metabolizzato che a scuola non saremmo più tornati. Con il passare dei giorni non si rendevano conto del perchè le maestre e i compagni li  potessero vedere tramite uno schermo, mostrando non poca fatica nel volersi fare vedere. Non è una chiusura di anno scolastico con saluti finali, canti e lacrimuccie,augurandoci di rivederci l’anno prssimo. Proprio no!»

    Come gestite le emozioni, alla base del primo step 0/6 di questi bambini?

    «La scuola dell’infanzia abbraccia un’età che comprende i 3/6 anni. Le emozioni di questo periodo sono infinite…..Rabbia e malinconia per “l’abbandono” della madre, relazionarsi con i coetanei, con chi magari non è abituato a condividere, volere bene ad una maestra che involontariamente dopo un pò di tempo chiamerà mamma…La gestione di queste e di tante altre emozioni e situazioni vengono gestite da noi docenti in modo equilibrato e pieno d’amore per ogni bambino che abbiamo davanti, in quanto essere umano che va formato ed educato già in questa tenera età. Perchè la scuola dell’infanzia è la culla degli altri ordini di scuola che verranno... Purtroppo però non è considerata dallo Stato italiano in quanto non è scuola dell’obbligo!»

    Come hanno vissuto i genitori queste lunghe giornate di isolamento a casa con i loro bambini?

    «I genitori all’inizio credevano che il periodo non si protraesse fino alla fine dell’anno scolastico per cui erano ben propensi  a collaborare con noi docenti. Adesso che siamo all’inizio di maggio si comincia a sentire la pesantezza di questi giorni di reclusione e si chiedono come facciamo noi docenti a  gestire proprio i “loro figli».

    A scuola, cosa succede ai bambini in accoglienza?  

    «L’accoglienza che è proprio il primissimo periodo dell’anno scolastico è molto delicato per tutti. Noi docenti dobbiamo conquistare la fiducia prima dei genitori e poi dei piccoli che vedono in noi un potenziale amico. Ci vuole tanta pazienza , tanto amore e tanta devozione verso questo lavoro».

    Può esistere una scuola dell’infanzia pensata con mascherine e distanziamenti sociali?

    «La scuola dell’infanzia con le mascherine?????? Una vera idiozia! La scuola dell’infanzia è contatto fisico, è rapporto amorevole e materno, fatto di baci e carezze.Poi non sottovalutiamo il problema delle “classi pollaio”…»

    Con le tue colleghe quali sono le paure per domani?

    «Le nostre paure sono tante, siamo tutte convinte che non tornerà tutto come prima, tanto meno a settembre.Troppo presto per stare tutti in una sezione, senza essere tutelati. Dalla scuola dell’infanzia si pretende tanto, e noi docenti che abbiamo troppo amore per questo lavoro ci spendiamo tanto e diamo altrettanto, ma lo Stato che tanto decanta la scuola, in generale, importante per la formazione dell’uomo del domani, non ci considera per niente. Io, che porto avanti battaglie e manifestazioni per affermare che questo ordine di scuola è importantissimo perchè mette le fondamenta allo stato emotivo, sensoriale, manipolativo e chi più ne ha più ne metta, non mi arrenderò mai . Mi batterò sempre affinchè si capisca l’identità vera della scuola dell’infanzia».

     

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