La prima è andata. L’italia è ripartita goffamente, con guanti e mascherine, ieri 18 maggio 2020. Chi ha tirato su le saracinesche aveva tutto in regola: detergenti e igienizzanti in bella vista, negozi riadattati alle normative imposte da Inail e dpcm tarati ad un ingresso ridotto.
Questa data aspettata da tutti ma temuta da molti, oggi, martedì 19 maggio 2020, fa parte del passato. Si guarda avanti, ma anche indietro. Per tanti la decisione di non riaprire. Una decisione determinata anche dal calo delle presenze per la chiusura degli uffici, impostati in modalità smart working, e l’assenza totale dei turisti italiani e stranieri.
Insomma un duro colpo per l’economia locale e nazionale degli italiani per la spesa fuori casa (pranzi, cene, aperitivi e colazioni) che, riferisce la Coldiretti, prima dell’emergenza coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi alimentari degli italiani per un valore di 84 miliardi di euro. Ma non solo. L’impatto, a cascata si è visto su più settori: abbigliamento, negozi al dettaglio, parrucchieri, ristorazione ecc ecc. Un’economia al collasso che ora stenta a risalire. In Sicilia, l’industria che alimenta il maggior fatturato della regione è il turismo stroncato dal lockdown ad un passo dall’apertura della stagione estiva ad oggi solitamente già avviata.
Ieri pomeriggio, a San Vito lo Capo, tour operator, titolari e dipendenti di hotel, b&b, ristoranti, bar, rosticcerie, gelaterie, pasticcerie, caffè, stabilimenti balneari e bagnini si sono dati appuntamento sul lungo mare di questi tempi già in piena attività per una stagione estiva già in fermento ed hanno manifestato con un flash mob di protesta.
Mano al petto e inno nazionale, in tenuta lavorativa a voler richiamare quell’articolo 1 della Costituzione «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Il loro era un appello d’aiuto «il nostro settore è in ginocchio, rischiamo il fallimento.»
Parole che, nonostante fosse lontano, in quello stesso momento, alla Riserva naturale dello Zingaro, per il quarantesimo della marcia dello Zingaro, il sindaco Giuseppe Peraino riportava al presidente della Regione Nello Musumeci: «La nostra è un’industria che non inquina. Il turismo. Lei sa (Il presidente Musumeci ndr) che la nostra è una terra che vive di quest’industria, e in questo momento tutti noi dobbiamo dare il nostro contributo affinchè quest’economia possa rinascere. In questo momento di grande difficoltà in modo particolare. La mia comunità è una comunità in ginocchio – ha detto Giuseppe Peraino –perché pur essendo una delle più floride della Sicilia, oggi è una delle più povere della regione. Il 95% dell’economia di San Vito lo Capo è basata sul turismo: dall’operatore, all’indotto, dall’operaio, al lavapiatti ecc. Oggi, – ha sottolineato il primo cittadino di San Vito lo Capo – la mia comunità è totalmente in ginocchio perché tutto è fermo. Oltre alla preoccupazione c’è una grande difficoltà. Abbiamo bisogno di una spinta, di un’ulteriore aiuto – ha detto il sindaco rivolgendosi anche all’assessore regionale del territorio e dell’ambiente Salvatore Cordaro – per la gestione delle spiagge libere. Noi dobbiamo far si che la gente venga in sicurezza ma allo stesso modo, dobbiamo far si che la gente ritorni in vacanza a San Vito lo Capo, sapendo di tornare in un posto che, oltre ad essere meraviglioso per tutte le sue peculiarità (da monte Cofano alla Riserva dello Zingaro) sa di potere trovare sicurezza: nelle strutture ricettive, nelle attività economiche, commerciali e sicurezza anche in quella che viene garantita dalle istituzioni: nelle spiagge, nei luoghi pubblici ecc. Noi faremo il massimo sforzo e sono certo che, per le interlocuzioni che abbiamo intrapreso, il percorso per garantire sicurezza ai turisti e all’economia al nostro territorio sarà fatto insieme»