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    Che cosa successe al Nuova Iside tra l’11 e il 12 maggio?

    Una tragica vicenda quella che segna il Nuova Iside e le famiglie Lo Iacono.
    Un peschereccio di 16 metri partito dal porto di Terrasini lunedì 11 maggio per una battuta di pesca dove però non farà più ritorno. Il mare, infatti, restituirà solo due corpi dei tre uomini che componevano l’equipaggio del “Nuova Iside”.

    Oggi impegnati nelle ricerche del peschereccio e del corpo di Vito, le navi della Marina Militare.

    Dopo l’intervento di Anteo, la nave specializzata a perlustrare e individuare i relitti dispersi nei fondali marini, La Marina era poi intervenuta per restringere l’area di ricerca nei giorni scorsi con la fregata Carabiniere che aveva permesso di restringere l’area di ricerca individuandola nelle acque a nord-est di San Vito Lo Capo. Oggi, si è aggiunto il cacciamine Numana, del Comando delle forze di contromisure Mine, e il Gruppo operativo subacquei del Raggruppamento subacquei e incursori della Marina Militare. Grazie al Panoramic echo sounder imbarcato, sonar ad alta frequenza con capacità di discriminazione di oggetti di medie dimensioni sino a 2.000 metri di profondità, la nave ha individuato alcuni contatti subacquei da investigare ulteriormente. 

    Nave Numana è un cacciamine costiero, con un equipaggio di 44 militari, ed è in grado di svolgere attività di localizzazione, identificazione, neutralizzazione di mine navali, residuati bellici, ordigni e, grazie alla sua versatilità per scopi Dual Use, reperti archeologici e oggetti di interesse depositati sul fondale. Per effettuare queste operazioni l’Unità è dotata di un sonar ad alta scoperta Thales 2093 e veicoli subacquei filoguidati tra cui il Multipluto, capace di acquisire immagini fino ad una profondità di oltre 1500 metri.

    Intanto si attendono i risultati dell’autopsia richiesta per il corpo di Matteo Lo Iacono, dalla famiglia seguita dall’avvocato Ruffino. L’ipotesi avanzata è quella di speronamento. Per la vicenda, la Procura di Palermo ha aperto un’inchiesta e, un’interrogazione parlamentare, è stata avanzata dal deputato nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà Erasmo Palazzotto, rivolta ai Ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Difesa,al fine di fare chiarezza.

    Un equipaggio esperto quello salpato da Terrasisi, formato da Matteo e Vito Lo Iacono, rispettivamente padre e figlio di 53 e 26 anni che insieme a Giuseppe Lo Iacono, nipote di Matteo e cugino di Vito. Sono pratici di pesca e di mare. Loro non fanno navigazione, in barca lavorano. Si muovono per prendere le reti, buttarle in acqua e tirarle su; per riparare un eventuale guasto al motore, per cucinare e mangiare. Conoscono bene il Nuova Iside da camminarci anche al buio, come quando a casa ci si sveglia la notte per andare in bagno e non si accendono nemmeno le luci. Anche le rotte che fanno da quando sono piccoli con i propri padri e prima con i nonni, le hanno messe in tasca da tempo. Del mare prima che l’odore ne conoscono gli umori. Lo capiscono dal colore se sta per arrabbiarsi e quando sta per arrivare una tempesta. Lo sentono da come parlano le onde quando accarezzano il peschereccio che le attraversa . Per questo lo rispettano. Lo temono e lo amano. Ognuno di loro si è lasciato cullare da quelle acque salate prima ancora di venire al mondo. Sono pescatori da generazioni. Di onde e tempeste ne hanno viste tante, ma anche di albe e tramonti. Sanno che del mare non bisogna fidarsi, sanno fin dove bisogna spingersi e dove bisogna fermarsi. Sanno che l’orizzonte è una linea che separa e che unisce. Sanno che tutto è possibile in acqua per questo sono pronti. Sono prudenti. Matteo, Giuseppe e Vito, però, non sanno che quello sarà il loro ultimo viaggio.

    Nessuno di loro tornerà vivo al porto di Terrasini.

    E’ la famiglia a dare l’allarme. Le mogli di Matteo e di Giuseppe hanno dato la buona notte ai mariti la sera ma poi non sono più riusciti a comunicare con loro. Nessuno infatti ha più visualizzato i messaggi ad una certa ora. Eppure avevano chiuso il telefono da poco. Nessuno li ha più sentiti al mattino. E chi vive in mare sa che deve dare notizie. L’ansia cresce. Le due donne si chiamano per sapere se l’una ha ricevuto notizie e se l’altra ha novità, ma nessuna ha niente di nuovo. Così il cuore inizia a battere forte e dal porto il Nuova Iside non si vede rientrare. Sono loro a lanciare quel may day mai arrivato dal mare. Terrasini si mobilita insieme all’altra famiglia, quella dei pescatori e alla Capitaneria di porto che lo lancia a tutte le navi in mare che in quel momento, però, non sono più molte. Parte la ricerca su quello specchio d’acqua che unisce San Vito lo Capo (dove avevano detto di trovarsi l’ultima volta che si erano sentiti con le famiglie) a Ustica. Una ricerca incessante, spasmodica mentre dall’Africa, un forte vento di scirocco inizia a soffiare forte e caldo. I rinforzi sono arrivati anche dall’Aeronautica Militare che dal cielo aiuta a setacciare il mare nonostante il vento renda tutto complicato. Per tutto il giorno nessuno è riuscito ad avvistare nulla.

    Alle 2 di notte le ricerche di devono interrompere a causa delle condizioni meteo per riprendere, battenti e inarrestabili, la mattina del giorno dopo. Fino al ritrovamento del primo corpo, senza vita. A pelo d’acqua è Giuseppe il primo ad essere restituito dalle acque salate di un mare che questa volta, non ha avuto pietà. Nel frattempo Palermo brucia insieme allo scirocco caldo, insieme al dolore della famiglia lo Iacono e dei siciliani che coralmente si sono stretti intorno alla vicenda.

    Giuseppe Lo Iacono

    Giuseppe è il primo ad essere portato al porto di Terrasini. Sul molo la moglie, insieme al medico legale, sono chiamati per il riconoscimento. Lo strazio, il tormento, la disperazione convergono lì, insieme a quegli istanti interminabili. Si incollano alla pelle con il sudore e le lacrime. Con l’odore del mare che arriva caldo di scirocco e che da questo momento, non sarà più lo stesso. Il giorno dopo, Terrasini e Cinisi sono a lutto per Giuseppe. Le bandiere sono a mezz’asta. La tristezza si può toccare. Con le mascherine si va in chiesa per celebrare i funerali in un periodo d’emergenza che sembra non voler finire ma che la tragedia amplifica. Sono momenti che passano in fretta anche se sembrano lunghi. E’ ancora troppo presto per delineare i contorni di una vicenda confusa. Le ricerche degli altri membri dell’equipaggio e del Nuova Iside, frattanto, non si sono mai fermate…

    Ed è con il ritrovamento del secondo corpo che quei contorni sfumati iniziano a delinearsi, a farsi più chiari. E’ Matteo Lo Iacono ad essere restituito dalle acque. Siamo vicino Ustica.

    «Tutti gli elementi che sono stati acquisiti dagli inquirenti lasciano in questo momento supporre l’ipotesi dello speronamento. Siamo di fronte ad un peschereccio di 16 metri, nuovo, acquistato appena 2 anni fa. Dotato di una tecnologia come quella del blu box che ha dato l’ultimo segnale alle ore 21:45. Avrebbe dovuto dare un nuovo segnale alle 23:45 una circostanza mai verificata. » Parla così l’avvocato Ruffino che oggi segue la famiglia lo Iacono. La moglie di Matteo, riconosciuto il corpo al porto di Terrasini, alla presenza del medico legale, ne ha richiesto l’autopsia. Impossibile, per lei, e per molti altri pescatori che conoscevano suo marito, pensare a delle condizioni meteo avverse come causa dell’inabissamento. Erano uomini di mare esperti. La procura di Palermo ha aperto un’inchiesta e, mentre si attendono i risultati dell’autopsia si sono analizzati alcuni elementi:

    avv Aldo Ruffino

    «Dall’analisi di tutti i cellulari dei componenti di tutto l’equipaggio ci sono dei messaggi Whatsapp che risultano ricevuti l’ultimo alle 22:33 del giorno 12 maggio 2020. I successivi messaggi delle 23:53 e delle 00:10 su due telefoni diversi non risultano più ricevuti. Possiamo quindi individuare, con una certa sicurezza una data presunta dell’eventuale tragedia che ha colpito la Nuova Iside. Un lasso di tempo di circa un’ora e trenta. Ed è proprio agli inquirenti che abbiamo chiesto di attenzionare questo periodo visto che ormai la tecnologia in possesso dalle Capitanerie di Porto, con i centri radar, permette di poter dettagliare il traffico marino individuando le presenze sulle rotte, chi era presente in quel momento in quel tratto di mare, chi lo stava attraversando per potere così verificare, anche attraverso le scatole nere, cosa può essere successo.dice il legale durante una diretta Facebook dell’Associazione Donare è Vita OnlusIl dato certo incontrovertibile, incontrastabile, è che la Nuova Iside, nella notte tre il 12 e il 13 maggio, nel momento in cui ha perso il contatto è stata vittima di un evento imprevisto e fulmineo che non ha dato tempo all’equipaggio, e parliamo di un equipaggio esperto di lunga tradizione familiare, di reagire. Non hanno avuto il tempo né di pigiare il pulsante presente in plancia per inviare l’allarme, né di utilizzare il baracchino che era perfettamente funzionante, né ha permesso, ai due cadaveri ritrovati, quello di Matteo e di Giuseppe Lo Iacono, di potere indossare uno dei molteplici salvagenti di cui la nave era provvista. – sottolinea l’avvocato Ruffino – Troppi elementi circostanziati, come dico, lasciano presupporre quest’evento fulmineo difficilmente assimilabile ad una prima ipotesi che era stata fatta di condizioni meteo avverse tra l’altro, è bene ricordarlo e ribadirlo che, nel momento in cui la Nuova Iside scompare, le condizioni meteo, sono ottimali : il vento di scirocco, sarebbe venuto l’indomani mattina dopo le 8:30. Parliamo quindi di una distanza abissale dal punto di vista temporale.

    Matteo Lo IaconoIn quel momento non c’era assolutamente vento di scirocco. Un altro elemento che ci fa sostenere le tesi dell’evento fulmineo e quindi dello speronamento, è che il cadavere di Matteo Lo Iacono è stato ritrovato con ancora indosso due magliette e una felpa pesante, situazione certamente non compatibile con lo scirocco che, abbiamo detto, arriva il giorno dopo e parliamo di una temperatura superiore ai 40 gradi.» Lo scirocco, infatti, soffia il giorno in cui iniziano le ricerche del peschereccio e dell’equipaggio tanto da renderle difficoltose. Per l’avvocato Basterebbero solo queste due piccole situazioni per dipanare ogni dubbio. «Noi certamente oggi dobbiamo parlare di ipotesi di speronamento, ma certamente avvalorare quello che è stato un evento fulmineo, imprevedibile. Quello della mareggiata, mi permetto di dire, che non consideriamo nemmeno residuale, la escludiamo del tutto. Le famiglie chiedono verità. Questa è prima di tutto una tragedia umana. Una tragedia di famiglie di grandi lavoratori che, dopo un periodo di lockdown, in cui avevano veramente sofferto, erano andati in mare per guadagnare quello che era giusto per il sostentamento della famiglia. Qui non parliamo di speculatori, qui parliamo di gente che si alza la mattina all’alba o a notte fonda per andare ad affrontare il mare giorno dopo giorno. Si tratta di grandi, grandi, infaticabili lavoratori. Esempio e colonna portante della nostra Nazione. Per questo, abbiamo accolto con particolare favore la notizia che ieri il ministro della Difesa Guerini, tramite il senatore Faraone, ci ha comunicato dell’intervento, da noi più volte sollecitato, delle navi della Marina Militare specializzate nel recupero del relitto. Speriamo così di poter individuare e recuperare il comandante Vito lo Iacono il cui corpo risulta ancora scomparso e poter dare alle famiglie la giustizia e la pace che meritano per una vicenda che ancora, in questo momento, presenta dei punti oscuri in relazione all’accadimento tragico e fatale che l’ha coinvolti»

    on.Viviani

    Ed anche l’on.Viviani che partecipa alla sessa diretta dell’Associazione Donare è Vita Onlus, interviene dicendo « E’ molto strano lo scenario che si è venuto a creare. Lo dico da comandante di un peschereccio che pesca alici. Qui si è palesemente aperta una falla: inviare l’allarme sarebbe stata la prima cosa che avrebbero fatto con del tempo materiale a disposizione. Avrebbero chiamato il 16: è questo quello che si fa immediatamente. Per chi è del mestiere sa che il 16 è il canale d’emergenza. Di solito si ha sempre un VHS solo sul canale 16, quindi c’è solo il famoso bottoncino del d-stress con il quale si inviano immediatamente le coordinate tramite sms dell’eventuale SOS o eventualmente la chiamata al 16 di cui oggi sarebbe rimasta traccia anche all’imbarcazione di passaggio. Insomma si sarebbe sentito. E quindi il fatto che sia successo in maniera così repentina, ed anche il fatto stesso che questi ragazzi non abbiano avuto il tempo di mettere i giubbotti di salvataggio o di legarsi ad un pallone è una cosa che lascia pensare. Il pescatore, poi in mare ci lavora. Rispetto al marinaio ha una marcia in più, lo dico senza arroganza perché noi pescatori non navighiamo: non andiamo dal punto A al punto B. Noi lavoriamo in mare, siamo abituati a lavorare ed anche a ponderare il tempo per dover calare l’attrezzo. Abbiamo una profonda conoscenza delle condizioni meteo tanto da non fidarci molto dei bollettini meteo perché le condizioni metereologiche “odoriamo” ma soprattutto, sappiamo gestire le emergenze molto bene perché sulle imbarcazioni ci lavoriamo. Il fatto che loro non abbiano avuto il tempo di gestire l’emergenza anche con mezzi di fortuna, anche agganciandosi ad un pallone, è molto significativo.»

    L’Avv Giangiacomo Palazzolo

    L’Avv Giangiacomo Palazzolo, sindaco di Cinisi infine, aggiunge «Il fattore tempo è indispensabile per arrivare alla verità. C’è fiducia sulla Procura, il fatto che non si abbiano notizie, non vuol dire che non si stia facendo nulla. Si può supporre che si tratti di attività d’indagine sottoposta a segreto istruttorio. Sarà importante vedere le risultanze alla fine del procedimento penale. Mi permetto di evidenziare un aspetto importante: i telefoni, le cellule telefoniche rilevare il momento preciso in cui avviene il disastro. Vi sono le condizioni spazio temporali precise per individuare dove è avvenuto il disastro e il singolo minuto, il singolo secondo in cui è avvenuto… perché lì dove i tre cellulari non sono più in contatto con la cella alla quale erano collegati evidentemente è il momento del disastro»

    Intanto si suppone che il ragazzo sia rimasto incastrato all’interno del peschereccio ed è per questo che diventa sempre più importante da una parte ritrovare il relitto e dall’altra scoprire la verità e restituire alla famiglia l’altro corpo per una degna sepoltura. Restituire un tassello per quella verità che sembra essersi al momento inabissata ma coincidere con le ipotesi di un evento fulmineo al punto da non aver lasciato il tempo a Vito di poter uscire dalla coperta dove magari stava già dormendo. Una verità che viene affidata al team Remotely operated vehicle (Rov) del Gos imbarcato su Nave Numana con il Perseo, uno dei veicoli filoguidati ad alta tecnologia in dotazione al Cacciamine, che può immergersi fino a 1.500 metri di profondità, sia per acquisire immagini ad alta definizione attraverso le loro video camere subacquee, sia per recuperare oggetti presenti sul fondo mediante i rispettivi bracci manipolatori affinchè la porti a galla.

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