“E’ il momento per la Natura” con questo slogan si celebra oggi la 48esima Giornata Mondiale per l’Ambiente dedicata quest’anno alla biodiversità con attenzione a temi riguardanti l’inquinamento e il cambiamento climatico.
Il ricordo oggi va a Stoccolma dove, dal 5 al 16 giugno del 1972, si celebrò la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente. Lì venne stilata la Dichiarazione di Stoccolma, e vennero fissati 26 principi sui diritti e le responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente.
L’ambiente in questi ultimi anni è stato al centro dei più importanti dibattiti internazionali e temi come l’inquinamento e il cambiamento climatico sono stati affrontati da Greta Thunberg che ha portato avanti, letteralmente, in tutto il mondo, delle vere e proprie battaglie che oggi, dopo il lockdown, dalla rete ritornano alle piazze.
La Biodiversità, spiega l’Onu : «è la base che sostiene tutta la vita sulla terra e sott’acqua – e riguarda – ogni aspetto della salute umana, fornendo aria e acqua pulite, cibi nutrienti, conoscenze scientifiche e fonti di medicina, resistenza naturale alle malattie e mitigazione dei cambiamenti climatici. La modifica o la rimozione di un elemento di questa rete influisce sull’intero sistema di vita e può produrre conseguenze negative».
In Italia, nonostante gli sforzi per la conservazione, l’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il braccio scientifico del ministero dell’Ambiente) rivela i trend degli ultimi decenni: delle 672 specie di vertebrati italiani (di cui 576 terrestri e 96 marine), 6 sono ormai estinte e 161 sono a rischio estinzione (di cui 138 specie terrestri e 23 specie marine), pari al 28% delle specie valutate. Nei diversi gruppi di vertebrati terrestri e marini, la percentuale di rischio di estinzione passa dal 2% nei pesci ossei marini, al 19% nei rettili, 21% nei pesci cartilaginei, 23% nei mammiferi, 29% negli uccelli nidificanti, 36% negli anfibi, fino al 48% nei pesci ossei di acqua dolce.Le pressioni correlate ai cambiamenti climatici e la crescita dell’uso del suolo sono il maggiore driver del rischio di estinzione per le specie di flora e fauna valutate.
Bene invece le aree protette: i sistemi di gestione italiani sono in linea con gli standard europei. Dalla nuova strategia Ue e dall’Accordo Mondiale per la Biodiversità, nuove opportunità per una maggiore tutela, ripristino e lotta alle cause di estinzione.
L’emergere di Covid-19 ha sottolineato il fatto che «quando distruggiamo la biodiversità, distruggiamo il sistema che supporta la vita umana – ricordano le Nazioni Unite – Oggi si stima che, a livello globale, circa un miliardo di casi di malattia e milioni di morti si verificano ogni anno a causa di malattie causate da coronavirus; e circa il 75% di tutte le malattie infettive emergenti nell’uomo sono zoonotiche, cioè trasmesse alle persone dagli animali». La natura, avverte l’Onu, «ci sta inviando un messaggio».
«La sicurezza alimentare, il benessere e la prosperità delle comunità umana è messa in pericolo se non si intraprendono azioni per invertire la crisi della biodiversità», ricorda ancora l’Ispra.
Tra le fonti di pressioni per le specie vegetali – prosegue l’Ispra – oltre alla modifica dei sistemi naturali, anche lo sviluppo agricolo (27%) e residenziale (27%) e il disturbo antropico (20%). Solo il 20% delle specie non è soggetto a forme di disturbo, ma si tratta di specie che vivono in ambienti montani, in cui le pressioni sono molto ridotte.
Negli ultimi 150 anni, la copertura della barriera corallina viva è stata ridotta della metà, entro i prossimi 10 anni una specie su quattro conosciuta potrebbe essere stata spazzata via dal pianeta e ci vorrebbero 1,6 terre per soddisfare le richieste che gli umani fanno alla natura ogni anno, ricorda ancora l’Onu.