«Chi accettava di pagare vedeva il suo nome annotato in un elenco, con a fianco le somme sborsate: da 500 a 3000 euro a testa per la promessa di avere un giorno una divisa. E il relativo stipendio». Lo racconta sul Fatto Quotidiano Marco Bova, descrivendo i particolari di una vicenda che ha visto protagonista due uomini ribellarsi ad un sistema di reclutamento malato.
Un sistema che prevedeva il pagamento di una tangente per il superamento di un concorso che dava spazio solo a 250 posti da Vigile del Fuoco. E nel 2017, come fosse un dio, è un commissario a decidere, chi deve restare e chi può passare allo step successivo. A partire dai titoli non valutati, se non sotto il pagamento della somma da lui stabilita.
Non tutti però si sono piegati al “sistema” di Giuseppe Pipitone, questo il nome di uno dei commissari del concorso, originario di Alcamo oggi sospeso dal servizio e indagato per corruzione continuata, in concorso con Alessandro Filippo Lupo, vigile del fuoco in servizio a Venezia e segretario di categoria della Uil.
Ragazzi che hanno denunciato facendo aprire un’inchiesta, tutt’ora secretata, ma che ha cercato la verità tra Alcamo, Roma e Venezia. Le testimonianze di due giovani hanno raccontano di come e perché non furono ammessi alle prove attitudinali successive per il concorso da Vigili del Fuoco.
Marco Bova racconta anche (QUI IL LINK) di come «Un filone dell’indagine odierna inoltre riguarda l’influenza dei salotti e della massoneria locale e tra gli indagati c’è un iscritto a una loggia, anche lui operativo – attraverso altri massoni – nel reclutare candidati nei concorsi pubblici».