Corte di assise di appello di Palermo «Dichiara di non doversi procedere essendo il reato prescritto per intervenuta prescrizione il 2 aprile 2018». Questa la decisione letta dal presidente della Corte Angelo Pellino, Vittorio Anania giudice a latere – nell’udienza stralcio fissata per oggi, che ha dichiarato prescritto il reato di calunnia. Massimo Ciancimino esce dal processo sulla trattativa Stato-mafia per il quale era imputato e dove era stato condannato, in primo grado, ad otto anni di carcere.
Per effetto di questa decisione, arrivata dopo circa due ore di camera di consiglio, vengono revocate anche le statuizioni civili accessorie alla condanna di 8 anni inflitta in primo grado. Ciancimino era finito sotto processo con due imputazioni: la calunnia dell’ex capo della polizia Gianni de Gennaro e il concorso esterno in associazione mafiosa. Quest’ultima dichiarata prescritta nella sentenza di primo grado.
Erano stati i legali dell’ex superteste – Roberto D’Agostino e Claudia La Barbera – ad avanzare la richiesta di non luogo a procedere «per intervenuta prescrizione, già prima della pronuncia della sentenza di primo grado».
Il figlio del sindaco mafioso, don Vito, arrestato a gennaio del 2017 quando la Cassazione ha confermato la condanna a tre anni di reclusione per possesso di esplosivo, scarcerato nei giorni scorsi per fine pena, non era presente in aula.
A questa condanna per Ciancimino Jr si era aggiunta quella a 2 anni e 8 mesi per il riciclaggio di parte del tesoro del padre, del 2011. In quell’occasione scattò l’indulto poi revocato in seguito alla condanna confermata dalla Cassazione per l’esplosivo. Da qui il ricalcolo a 4 anni e 5 mesi.
Oltre a Massimo Ciancimino, la Corte di assise, in primo grado, nell’aprile 2018, aveva condannato a 28 anni di carcere il boss Leoluca Bagarella, 12 di carcere all’ex senatore Marcello Dell’Utri e gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni; stessa pena per Antonino Cinà medico e fedelissimo di Totò Riina; 8 anni di reclusione per l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. Per loro il processo continua.