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    Il vescovo Mazara e l’Imam pregano per le 18 vite da 50 giorni prigioniere a Bengasi

    Due religioni unite sotto lo stesso tetto, quello della Chiesa di San Lorenzo di Mazara, per pregare per le 18 vite dei marittimi mazaresi rinchiusi nella prigione di El Kuefia, a 15 km a sud est da Bengasi, da più di 50 giorni. Una veglia di preghiera, un appello accorato dopo quella fatta da Papa Francesco al termine dell’Angelus di domenica 18 ottobre: «Desidero rivolgere una parola di incoraggiamento e di sostegno ai pescatori fermati da più di un mese in Libia ma anche ai familiari che, affidandosi a Maria Stella del mare, possano mantenere viva la speranza di poter riabbracciare presto i loro cari», aveva detto il Pontefice.

    La vicinanza solidale delle famiglie mazaresi, siciliane e italiane non è mai mancata e ieri sera s’è fatta tangibile. Nella parrocchia San Lorenzo di Mazara piena di familiari e fedeli, nonostante la pandemia ma, nel rispetto delle distanze, il vescovo Mogavero ha detto: «Non si può perdere di vista che 18 vite umane non hanno prezzo qualunque soluzione, anche basata su un onorevole compromesso, deve essere ricercata, bruciando i tempi, divenuti ormai troppo lunghi e gravosi per tutti: per i prigionieri e per chi ne attende la desiderata liberazione».

    Ed il vescovo ha poi aggiunto che il solo sforzo del Governo «non basta». Ai familiari «le sole parole di conforto non bastano e la stessa vicinanza dimostrata a loro in più modi e in più circostanze hanno un significativo valore simbolico, ma non alleggeriscono la pesantezza della loro pena e non risanano le ferite del cuore».

    Alla Veglia ha partecipato anche l’Imam della moschea cittadina, Ahmed Tharwa. Tra i marittimi sequestrati ci sono anche 6 tunisini e 2 senegalesi. «Siamo in un momento di angoscia – ha detto l’Imam – siamo tutti una famiglia e preghiamo per l’unico Dio per la liberazione dei nostri fratelli». Il Vescovo ai cittadini mazaresi, e in particolare alla gente di mare, ha chiesto «attenzione e vigilanza», ma anche «di non sentirsi tranquilli, fino a che non potremo tutti riabbracciare i nostri marittimi finalmente liberi e restituiti alle loro famiglie».

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