Giuseppe Costa aveva già scontato venti anni di reclusione per il sequestro, l’11 gennaio 1996, e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo successivamente strangolato e sciolto nell’acido sempre su ordine di Giovanni Brusca, figlio dodicenne del pentito Mario Santo per evitare che collaborasse.
Nè durante la detenzione, nè dopo il suo rilascio Costa, però, aiutò mai per lo sviluppo delle indagini, anzi continuò a svolgere i suoi affari e e oggi, per lui, sono scattate di nuovo le manette.
I Carabinieri del Comando Provinciale di Trapani e il personale della Direzione Investigativa Antimafia, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, all’alba di oggi, hanno arrestato Giuseppe Costa con l’accusa di associazione a delinquere di tipo mafioso in quanto appartenente a Cosa Nostra.
Poi, hanno perquisito anche l’abitazione di Costa, nella frazione Purgatorio del comune di Custonaci (Trapani), dove lo stesso aveva realizzato in muratura la “cella” dove era stato segregato il piccolo Giuseppe Di Matteo barbaramente ucciso e sciolto nell’acido.
«L’uomo, durante la lunga detenzione (dal 1997 al febbraio 2007) ha ricevuto il sostegno economico del sodalizio mafioso senza mai collaborare con gli inquirenti – si legge in una nota- Subito dopo la scarcerazione, ha rinsaldato le sue relazioni con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo per l’aggiudicazione di appalti, le speculazioni immobiliari, risoluzione di dissidi tra privati, l’attività intimidatoria, il riparto di proventi di denaro ricavati da attività illecite, nonché ha partecipato alla mobilitazione mafiosa per le elezioni regionali dell’autunno del 2017 e assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese».
E in una nota congiunta dei Carabinieri e della DIA si legge che Costa avrebbe «anche partecipato alla mobilitazione mafiosa per le elezioni regionali dell’autunno del 2017, in quanto le famiglie mafiose di Trapani e Marsala si erano interessate al procacciamento di voti in particolare in favore della candidata, poi non eletta, Ivana Inferrera, arrestata con l’Operazione “Scrigno” (QUI)». All’interno del processo verrà imputato anche il marito Ninni D’Aguanno(condannato a 3 anni e 4 mesi) mentre Ivana Anna Maria Inferrera, ex assessore al comune di Trapani, verrà assolta per non aver commesso il fatto, (QUI)
«Le attività investigative- prosegue la nota- hanno inoltre permesso di appurare che il Costa aveva assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra nella Calcestruzzi Barone s.r.l. di San Vito Lo Capo, risultata sotto l’influenza mafiosa delle famiglie Virga e Mazzara, ditta cui era stato richiesto di fornire una parte dei proventi per l’organizzazione mafiosa (anche con effetto retroattivo relativo al ventennio di detenzione del Costa). Costa, conclude la nota, era attivo anche nelle operazioni di recupero crediti per conto dell’esponente mafioso trapanese Buzzitta Antonino.»