L’energia si rinnova ancora verrebbe da dire. Il vento, infatti, ha soffiato dalla parte del re dell’eolico, Vito Nicastri ed anche di suo fratello Roberto che oggi, in secondo grado hanno visto una riduzione di condanna da 9 a circa 4 anni. La terza sezione della Corte d’Appello di Palermo ha riformato la sentenza di primo grado del processo Pionica, che fra gli altri aveva condannato i fratelli Roberto e Vito Nicastri, entrambi di Alcamo (Trapani): il gup li aveva riconosciuti colpevoli di concorso in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni ma in secondo grado, oggi, le condanne di entrambi da 9 anni sono state ridotte a 4 anni e 2 mesi per Vito e a due anni e otto mesi per Roberto.
Il collegio presieduto da Antonio Napoli ha fatto cadere il reato di mafia, confermando la decisione del primo giudice per la fittizia intestazione di beni. Vito Nicastri è l’imprenditore dell’eolico coinvolto nella vicenda Arata, che aveva portato all’incriminazione, a Roma, dell’ex sottosegretario leghista alle infrastrutture Armando Siri. Oltre che l’imprenditore di Alcamo (Trapani), detto “il signore del vento“, Vito Nicastri, e il fratello Roberto, il processo “Pionica” aveva anche altri imputati, alcuni dei quali assolti in primo grado: fra questi Giuseppe Bellitti, che oggi e’ stato condannato a 9 anni e 4 mesi, in accoglimento del ricorso dei pm della Dda di Palermo Gianluca De Leo e Giacomo Brandini. Pena aumentata a 12 anni e 4 mesi, sempre in accoglimento dell’impugnazione della Procura, per Girolamo Scandariato, che gia’ ne aveva avuti 6 e 8 mesi per favoreggiamento ed estorsione. E’ stato invece assolto Melchiorre Leone, che aveva avuto 9 anni e 4 mesi. Confermate le assoluzioni di Antonino, Tommaso e Virgilio Asaro.
Vito Nicastri aveva subito una confisca da un miliardo e trecento milioni ed era stato accusato, in “Pionica”, di avere contribuito economicamente al sostegno della latitanza di Matteo Messina Denaro. Circostanza, questa, che il gup Filippo Lo Presti, nella motivazione della decisione di primo grado (risalente al primo ottobre 2019), aveva espressamente escluso.
I Nicastri sono difesi dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Sebastiano Dara, Leone dall’avvocato Giovanni Rizzuti. Vito Nicastri aveva collaborato con i pm del pool coordinato dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido, nella vicenda Arata, sulla corruzione per ottenere autorizzazioni alla collocazione di impianti eolici, ed era stato condannato a due anni e 10 mesi col patteggiamento; due anni li aveva avuti il figlio Manlio.
Pur ammettendo le corruzioni, l’imprenditore aveva sempre escluso il proprio coinvolgimento nella vicenda di mafia, su cui avevano indagato i carabinieri e la Dia di Trapani: l’inchiesta si chiamava Pionica, dal nome della contrada di Santa Ninfa (Trapani) in cui sorgeva un’azienda agricola di Giuseppa Salvo, finita oggetto delle trame e delle speculazioni dei boss di Vita e Salemi (Trapani), agevolati proprio dai Nicastri. Giuseppa Salvo era imparentata con gli esattori di Salemi Nino e Ignazio Salvo, coinvolti nel maxiprocesso, il primo morto prima del giudizio e l’altro assassinato il 17 settembre 1992.