Tante le segnalazioni che continuano ad arrivarci dai cittadini trapanesi per i disservizi subiti dall’ASP di Trapani dove, si sono recati in qualità di pazienti.
I nostri lettori, ci informano di essere andati al Pronto Soccorso dell’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani e di essere stati accolti dal personale medico (ma non ausiliario o infermieristico), sprovvisto di mascherine. Non solo. All’interno del pronto soccorso, covo di batteri, era impossibile trovare il gel disinfettante per le mani. Eppure il Presidente del Consiglio dei Ministri si raccomandava a chiare lettere: «di mettere a disposizione (…) soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani» e il personale sanitario «si attenga alle appropriate misure di prevenzione per la diffusione delle infezioni per via respiratoria previste dall’Oms» e applichi «le indicazioni per la sanificazione e la disinfezione degli ambienti previste dal Ministero della salute».
A nulla è valsa la ricerca delle soluzioni idroalcoliche all’interno del nosocomio trapanese da parte dei nostri lettori, perché il Sant’Antonio Abate ne è sprovvisto. I lettori che ci hanno inviato le segnalazioni, infatti, hanno provato a cercare il gel disinfettante anche all’interno dell’ospedale dopo essere stati accompagnati nei diversi reparti ma, inutilmente. Anche gli stessi operatori hanno ammesso di esserne sprovvisti.
In questi mesi, abbiamo imparato che la trasmissione a un individuo sano dei batteri che causano la polmonite batterica avviene, generalmente, attraverso il contatto con oggetti contaminati o l’inalazione delle goccioline di saliva infette, emesse da un malato con starnuti, colpi di tosse o quando parla. Ci hanno ri-educato a lavarci spesso le mani perchè queste goccioline si allocano proprio lì e perchè le usiamo per toccare tantissime cose. Ci hanno raccomandato di mantenere una distanza adeguata dalle persone per evitare di farci bagnare inconsapevolmente dalle goccioline invisibili. Norme basilari che non vengono rispettate all’interno di un ospedale dove batteri e virus circolano in modalità advanced.
Di qualche giorno fa, la nota del Nursind nella quale si denunciava, tra le altre, la mancata distribuzione dei dispositivi di sicurezza – QUI –
Altri pazienti ci hanno messo al corrente, poi, di essere finiti in lunghe liste d’attesa slittando dal “programmato” all'”indecifrato” e restando in attesa di una chiamata sol perché l’emergenza coronavirus ha fatto “ingolfare” la macchina sanità dopo la chiusura imposta dal covid.
Un’intera macchina, pare, perché i problemi diventano capillari allargandosi su ogni settore. Diventa faticoso addirittura riuscire aver assicurato un semplice piano terapeutico che, con prenotazione on line “per garantire sicurezza al paziente”, cambia le regole anche ai medici di base i quali si ritrovano a dover inviare ricette in diverse modalità per adeguarsi ad un regolamento che diventa “nuovo” di volta in volta.
Quando poi si arriva sul posto con la prenotazione “accordata”, si viene gestiti “on live” in maniera arcaica. Ci fanno sapere, infatti, che, oltre a sentire le lamentele dei medici incaricati di effettuare l’ambulatorio (arrivati da Castelvetrano piuttosto che Mazara, Alcamo o da altra zona), l’appuntamento preso non rispetta l’orario indicato.
E così, oltre ad essere accolti in stanze incapaci di garantire la distanza di sicurezza, sprovvisti di gel per la sanificazione delle mani, all’appuntamento, entra chi arriva prima. Pare, infatti, stando a quanto ci dicono, che, chi, per evitare assebramenti inutili, arriva alle 9.50 a fronte dell’appuntamento delle 10, venga messo in coda ad altre persone che, pur avendo l’incontro alle 11, arrivano alle 9 e, per questo, fatte entrare prima. Ovviamente a nulla valgono le richieste di spiegazioni a chi gestisce l’accoglienza.
Insomma questo è il quadro proposto dai nostri lettori costretti a pagare lo scotto di un’emergenza covid che, di fatto, a Trapani, non s’è mai palesata concretamente e che, qualora si fosse concretizzata, ad oggi, il sistema, avrebbe dovuto già lavorare per arginarla e assicurare, così come durante l’emergenza, la cura di tutti i cittadini.
L’emergenza, infatti, aveva previsto, la creazione di ospedali covid per evitare contagi e assicurare il regolare, seppur limitato e rallentato, corso di tutto il resto delle prestazioni. A Trapani, era stato aperto un reparto covid al nosocomio marsalese ripristinato con la dimissione dell’ultimo paziente.
Di fatto però, così come aveva confermato il direttore facente funzioni Gioacchino Oddo, subentrato dopo l’arresto di Fabio Damiani, far ripartire la macchina sanità nel trapanese, dopo tre mesi di chiusura, era difficoltoso (QUI). Difficoltoso, certo, ma di tempo ne è passato e questi elencati sono elementi base.
A parlare chiaro, poi, sono i numeri: in Sicilia, al 28 luglio, i casi totali registrati sono 3.215: Di quale emergenza parliamo se paragoniamo questi (e stiamo parlando di dati regionali) ai 96.008 della Lombardia, o ai 31.622 del Piemonte, i 29.575 dell’Emilia Romagna o i 19.849 del Veneto e via così per le diverse regioni?
Regioni, che, come hanno purtroppo raccontato le cronache, hanno dovuto gestire e lottare contro un virus che ha scritto pagine nere di storia che, per chi ha avuto la fortuna di restare, potrà raccontare.
Trapani è stata una provincia fortunata ed è per questo che, più che il covid, è lei la protagonista. Nel settore sanitario, però, pare che i motivi per restarlo non siano i migliori. E’ veloce il collegamento con l’inchiesta Sorella Sanità che ha investito la sanità siciliana ai danni dei cittadini. Oggi, per tale motivo, l’Azienda Sanitaria trapanese è stata commissariata. Sarà Paolo Zappalà a gestire la “baracca trapanese” e si spera in un veloce cambio di rotta.
Anche questa volta, come per la denuncia sindacale, abbiamo chiesto un riscontro su quanto denunciato, ma non è arrivata nessuna replica, almeno per il momento.