Avevano anticipato il lockdown del Governo per senso di responsabilità verso i clienti e i cittadini tirando giù la claire prima che gli venisse imposto. Un gesto, quello dei ristoratori trapanesi, che è costato sacrifici (di questi tempi conosciuti a tanti, forse troppi), soprattutto a chi, quelle saracinesche, ha cercato sempre di tenerle aperte rischiando la propria salute. Ma oggi no. La salute viene prima di tutto e vale molto più del “vile denaro”.
Così in quarantena, sono rimasti lontani ma vicini e soprattutto solidali alla Trapani silenziosa che, con dignità e a testa alta, soffre ma non chiede. Lo sanno bene loro che il centro storico lo vivono non solo quando si accalca di turisti, ma restano a farsi coraggio anche quando si spopola, c’è l’odore del mare e il rumore delle onde a raccontare più di un cambio stagione.
Restano con la gente che “lavora le reti della pesca”, che oggi però è bloccata. Ormai da tempo. Con le pescherie che non hanno i banconi di ieri; con l’ortofrutta che ha messo la mascherina e ti chiede se puoi aspettare il tuo turno fuori dal negozio, ma se vuoi ti porta la frutta a casa. E’ resistenza. Sembra una guerra. I ristoratori si sono uniti pure con i baristi, con i quali si facevano due chiacchiere e quattro risate, anche se avevano poco da ridere, magari davanti ad un caffè mentre sfogliavano i giornali che raccontavano poco e dicevano niente. Eppure c’era così tanto da dire che forse, per questo, tacevano.
Lontani ma compatti in un’unica bandiera, sotto la quale batte il cuore generoso della ristorAzione cittadina, con quella Trapani silenziosa, hanno condiviso la dignità della sofferenza abbracciandosi nell’Associazione Ristoratori di Trapani (ART). Hanno stretto i denti e durante le festività pasquali, nonostante le entrate fossero bloccate da giorni ormai e le uscite continuassero a “bussare” a tutte le porte chiuse (ma mai abbastanza per bollette, fatture, affitti) si sono stretti ancora di più. Si sono fatti partecipi dei sacrifici di chi cammina in stradine strette, quasi come quelle attraversano e anticipano Porta Ossuna. Oppure quelle che poi, ad un certo punto, ti accompagnano lungo le mura di tramontana, col vento di maestrale che ti lava la faccia di sale, a ricordarti di essere figlio di questa città. Come se qualcuno poi potesse scordarlo.
Non ci si dimentica di essere figli a Rione Palme sotto la statua di S.Alberto, né passando davanti la chiesa serrata della Madonna di Trapani o lungo via Fardellala deserta o nelle più interne vie Giudecca, Mercè e Catito e San Pietro. Anche Torre di Ligny è in quarantena ma non sembra accorgersene. I due mari continuano a baciarsi sotto i raggi del sole che ne accarezzano le onde a voler dire che: tutto arriva, e tutto passa. Di fatto le strade strette a Trapani stanno ovunque anche nelle traverse della litoranea o in alto a Martogna, ma là è già Erice…e che importa poi dove sei quando la pandemia ha investito il mondo?!
Ciò che importa è aiutare chi ad esempio non riesce a far mangiare i propri figli. Oggi è importante comprare pannolini, latte, biscotti, omogeneizzati, per i propri figli. Insomma tutto ciò che serve per andare avanti con dignità. E’ in quest’ottica che l’Associazione Ristoratori di Trapani, ha attivato una raccolta fondi tra i propri associati, acquistando beni di prima necessità per il sostentamento dei piccoli trapanesi. Oltre duemila euro di prodotti donati alla Croce Rossa di Trapani, da distribuire alle famiglie con bambini. Ma non solo. Gli stessi hanno poi acquistato e offerto alla Cattedrale di San Lorenzo uova di Pasqua per i piciriddi del centro storico. Una Pasqua dolce, nonostante l’assenza dei Misteri e delle famiglie riunite.
Gesti d’amore che non sono passati inosservati alla cittadinanza, alla parrocchia di San Lorenzo e al Comune. Hanno ringraziato tutti. Ma il peso di quelle saracinesche abbassate è un macigno. Dopo due mesi si fa pesante il ferro appoggiato ai marciapiedi vuoti. Ancora più opprimente l’affitto, le bollette, le spese. Tolgono il sonno pure le fatture dei fornitori che restano da saldare. Sono quelle di febbraio, quando già i coperti si contavano sulle dita. La gente usciva poco perché aveva pagato le tasse e doveva stringere la cinghia per quel fine mese, arrivato anche questa volta troppo presto. Il distanziamento sociale non è arrivato con il covid-19, ci ha abituato lo Stato a stare a casa d’inverno. Stagione da sempre più fredda e più dura per tutti.
Così, sempre lontani ma uniti, ART ha chiesto al sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, un aiuto.
«Non “mero assistenzialismo”, ma solo la spinta motrice per rimettere in piedi un sistema che in Italia genera 86 miliardi di fatturato per 1,2 milioni posti di lavoro».
Ed il sindaco Tranchida, dopo aver ascoltato il presidente Conte al tg1 insieme a 10.674.000 di italiani, li ha sostenuti. Ha scritto una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, al Presidente della Regione Siciliana, agli Onorevoli Nazionale e Deputati Regionali della Sicilia, al Presidente ANCI ed al Presidente ANCI Sicilia, sollevando un grido d’allarme del settore turistico-ricettivo. Ma non solo. Ha messo in campo delle proposte a supporto del comparto turistico e dei diversi servizi correlati (dalla nautica alla ristorazione) in primis, una riapertura a maggio con eventuali deroghe affidate ai Sindaci.
E poi si è fatta strada la richiesta di bonus per le piccole imprese (dal bonus locazioni a quelli energetici, al sostegno finanziario per l’accompagnamento e il riavvio delle attività), così anche l’assegnazione urgente di contributi a fondo perduto per le spese di adeguamento alle norme igienico sanitarie e di sanificazione ambienti e servizi imposte dal governo. Non solo. Tranchida nella sua lettera (il testo integrale lo trovate qui) ha chiesto che fosse garantita la proroga dell’attuale termine di cassa integrazione per il settore. Queste le dichiarazioni del primo cittadino rilasciate alle telecamere di Telesud:
Della stessa idea sembra essere anche in presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci che, all’indomani della diretta di Palazzo Chigi, ha affermato: «Le misure annunciate per il 4 maggio lasciano scontenti tutti: settentrionali e meridionali, chi per l’apertura e chi per la chiusura e si muovono poi in evidente contraddizione. In Sicilia non abbiamo grandi fabbriche, ma una diffusa presenza di piccole e medie imprese nel commercio, nel turismo, nell’artigianato e nei servizi. Metterle in condizioni di lavorare, nel rispetto assoluto delle norme di sicurezza, è un dovere del governo nazionale. Se proprio non vuole farlo, autorizzi le Regioni ad adottare le misure che risultino compatibili con la situazione epidemica locale»
Nel frattempo anche i ristoratori trapanesi hanno aderito a “Risorgiamo Italia” la manifestazione di protesta organizzata dai movimenti di imprenditori del mondo HO.RE.CA e dei Locali di Pubblico Spettacolo. In tutta Italia sono stati esortati a spegnere simbolicamente le luci dei locali la sera del 28 aprile e a consegnare le chiavi ai sindaci delle città la mattina del 29 aprile alle 11.