Il Giudice per le Indagini Preliminari, Federico Cimó del Tribunale dei minorenni di Palermo, ha scelto una misura morbida per lei, la diciassettenne accusata di aver gettato dal V piano della finestra di una palazzina al 43 di via Francesco di Stefano a Trapani, il neonato appena partorito.
Dopo aver convalidato l’arresto, infatti, al termine di un lungo interrogatorio condotto dagli agenti della Squadra Mobile di Trapani, nel quale la ragazza ha ammesso «sono stata io a lanciare il bambino dalla finestra» prima di essere trasportata all’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani per subire un un intervento post parto, il Gip ha accolto la richiesta del legale della diciassettenne, Nino Sugamele del Foro di Trapani, inserendola in una struttura protetta.
La ragazza, sulla quale pesa l’accusa di omicidio volontario, (QUI) dopo essere stata dimessa dal nosocomio trapanese, era già stata trasferita in una struttura protetta di Caltanissetta in attesa della pronuncia del GIP che ha bocciato la richiesta dell’accusa.
E se i riflettori degli inquirenti restano puntati sulla madre del piccolo, la scena del delitto appare ancora piena di punti oscuri su cui presto, si conta, verrà fatta luce. A partire dalla nonna del piccolo (che pare dormisse durante il momento del parto) e dalla domestica.
Sul fascicolo aperto dalla procura, dove al momento però non risulta iscritto nessun indagato oltre alla minore, sembra vacillare la versione della diciassettenne. Sospetti di oggi e di ieri che trovano riscontro su una realtà macchiata dal sangue innocente di un neonato trovato anche sul davanzale della finestra della cameretta della diciassettenne, dove la stessa si sarebbe spostata per buttare il bambino, e che avrebbe ripulito subito dopo averlo fatto volare per quindici metri.
Non è chiara nemmeno l’invisibilità di una gravidanza portata a termine “inconsapevolmente” vivendo tra casa e scuola ai margini con la zona Fontanelle, uno dei quartieri popolari cittadini dove non esistono caselli all’ingresso ma dove tutti sanno chi entra e chi esce. Eppure il confine era stabilito dall’appartenenza familiare. “Di buona famiglia” direbbero molti: figlia di una mamma commercialista e di un padre appartenente delle Forze dell’Ordine ai quali mentiva così: «Ho detto a mia madre che ero ingrassata negli ultimi mesi perché avevo delle intolleranze alimentari, e lei mi ha creduto. Non sapevano nulla della gravidanza né mia madre, né mio padre. Avevo paura di dirglielo».
Eppure, se da un lato sembrerebbe un caso di sindrome di Medea, che spesso, purtroppo, accomuna tanti figlicidi (in questo caso sembrerebbe appartenere a quelle madri che negano la gravidanza e fecalizzano il neonato dato che il bambino è stato ucciso nell’immediatezza del parto), non è chiara la versione dei genitori i quali avrebbero affermato di non essersi accorti della gravidanza della figlia perché era da sempre stata una ragazza dalle forme morbide. Una ragazza “abbondante” ma trasparente per il esto della società che frequentava: amici, scuola e fidanzato e padre del bambino sul quale, ad oggi, c’è il massimo riserbo.
A finire sotto la lente d’ingrandimento anche la figura della domestica che non si trovava in casa, come invece precedentemente riportato, durante il momento in cui la giovane lo stava dando alla luce nel bagno di casa “da sola”, come più volte ripetuto dalla ragazza alla polizia alla presenza della psicologa e del suo difensore.
«Ho fatto tutto da sola. Mia mamma dormiva e mio papà è andato ad accompagnare la mia sorellina a scuola. Poi è andato a prendere la collaboratrice domestica».
La colf, secondo quanto da lei stessa riferito, non avrebbe fatto un plissè, però, quando, aperta la porta del bagno, si sarebbe trovata una toilette intrisa di sangue. La donna, senza fare alcuna domanda, avrebbe pensato ad un ciclo abbondante e si sarebbe limitata a pulire.
Adesso dei dati oggettivi si attendono dall’istituto di medicina legale di Palermo: sarà il risultato dell’autopsia sul neonato a stabilire se la causa della sua morte è da imputare all’impatto con il suolo dopo un volo di 15 metri, o a cause naturali (nato morto).
M.A.