«La mafia e tutte le forme di criminalità vanno combattute e condannate. Conosciamo le dinamiche della informazione e la sintesi necessaria che a volte i giornalisti, chiamati a fare i titoli, devono trovare per richiamare l’attenzione sulle notizie, ma Trapani non è capitale di mafia e le generalizzazioni sono sempre brutte».
L’assessore regionale del turismo, dello sport e dello spettacolo Manlio Messina, rappresentante di Fratelli d’Italia, da sempre, tra l’altro a sostegno delle forze dell’ordine, ha tenuto a precisare con queste parole, alcuni titoli che «nel riportare il blitz della Polizia nel Trapanese contro la cosca e i fiancheggiatori del superlatitante Matteo Messina Denaro hanno offerto magari anche involontariamente un’immagine negativa a un territorio che è tra i più belli della Sicilia, in cui la maggior parte dei cittadini non può essere catalogata come mafiosa».
E’ probabile che cronaca abbia raccontato, per mancanza di tempo o di spazio, come ha ricordato l’assessore, la maxi operazione portata a termine ieri (QUI) nei confronti dei fiancheggiatori di cosa nostra con termini forse non proprio “appropriati” ma è stata sicuramente data all’operazione il giusto peso.
E’ stato sempre definito lo spartiacque tra i punti segnati a favore della giustizia, e quello di ieri, è stato un altro punto a favore: a giugno ricordiamo che la DIA di Trapani sequestrava definitivamente beni per un valore di 250 mila euro al cognato di Messina Denaro (QUI), e ne arrestava i “postini” (QUI) perquisendo anche la casa della madre del superlatitante. Sempre a giugno sequestrava altre 300 mila euro (QUI) ad un imprenditore molto vicino alla primula rossa. A maggio poi confiscavano i beni al fratello di Diabolik che non aveva risposto al citofono durante un controllo (QUI).
E questo solo per quanto riguarda gli ultimi mesi e gli affiliati al clan Matteo Messina Denaro, dal 2 giugno latitante da 27 lunghi anni, alleato dei corleonesi, condannato all’ergastolo anche per le stragi del ’92 (QUI) , capo indiscusso della provincia trapanese che è, e resta, la sua roccaforte. Un fatto che, purtroppo, non si cancella fino a quando non si potrà scrivere della sua cattura.
«Voglio ricordare – ha proseguito Messina – che Trapani e il suo territorio sono famosi per le Saline, per la Riserva naturale dello Zingaro e i faraglioni di Scopello, per il borgo di Erice, lo Stagnone di Marsala, per il litorale con il suo mare meraviglioso che da Alcamo porta fino a Mazara del Vallo, passando per la spiaggia di San Vito Lo Capo. Ma è famosa anche per i suoi vigneti e gli uliveti e per tanto altro ancora».
Trapani è famosa e bella. Sappiamo che è l’unica città siciliana a concorrere per capitale della cultura 2022 (QUI) ma, in un articolo di nera non era il caso di mischiare le cose.
I lettori, per i quali i giornalisti nutrono grande stima e rispetto, sanno che bisogna andare oltre un titolo e sanno ancor di più scindere perfettamente da specchietti per le allodole e i fatti. La loro intelligenza li rende capaci di distinguere un tramonto da una truffa, una spiaggia da una bustarella, una salina da un malaffare. Insomma nessuno stava suggerendo le “più belle tappe della provincia” e tutti sanno bene, anche dopo gli spot realizzati dal Distretto Turistico della città di Trapani quest’estate cosa offre la città (QUI) . Nessuno può negare, però che, questo è anche il prezzo pagato dai tanti sacrifici fatti da chi ha scelto di restare.
Negarlo vuol dire negare l’esistenza di un male che corrode la costa, il territorio e le persone che lottano per eliminare qualcosa che lì (ma anche altrove) fatica a morire.
Raccontare un fatto, non vuol dire creare un danno d’immagine alla città, al contrario: dare ampia visibilità di come una bellissima zona continui ad essere purificata da alcuni mali, contribuisce a renderla più bella e vivibile. Le bellezze della provincia sono sotto gli occhi di tutti ma le fatiche per renderle ancora più belle, quelle faticano a farsi notare.
L’inchiesta “Mafia Capitale”, ad esempio, non ha distrutto l’immagine di Roma sulla quale il suo turismo si basa tanto che, di fatto, gli introiti non ne hanno risentito. Nessun assessore al turismo, in quella che fu davvero una stagione di attacchi contro gli uomini delle istituzioni, mai una volta puntò il dito contro il giornalismo per aver scritto del plauso alla giustizia e di come questo poteva contribuire a devastare l’immagine cittadina. Viceversa correttezza e integrità delle azioni di giustizia sottolineavano la differenza del fare perché in gioco non c’era la “grande bellezza” cittadina ma l’agire dell’uomo. Vero è, però, che l’inchiesta fu strumentalizzata soprattutto a livello politico tanto che, pronunciatasi la Cassazione, per restare a casa dell’assessore, Giorgia Meloni, presidente di FdI e del Partito dei Conservatori e Riformisti europei dichiarò: «Questa inchiesta è stata sfruttata per costruire le proprie fortune politiche e professionali. La lotta al malaffare non deve aver colore politico e FdI sarà in prima linea per difendere la legalità».
Arresti legati alla ‘Ngrangheta e Cosa Nostra che a Milano, prima, durante e dopo l’Expo 2015 fecero diventare sempre più pesanti i fascicoli delle inchieste della DIA non ebbero alcun in termini di ingressi: la città della Madunina, subito dopo l’Expo si classificò come la quattordicesima meta turistica al mondo (Roma al 17°) e la prima in Italia.
«Da assessore regionale al Turismo – ha voluto ancora sottolineare Manlio Messina – ho il dovere di ricordare che Trapani e il suo territorio sono tra i più belli della Sicilia, che il mondo ci invidia, e che i trapanesi sono cittadini accoglienti e cordiali, la stragrande maggioranza dei quali non associabile ai mafiosi. Infine, mi preme ringraziare forze dell’ordine e magistratura per l’opera di ’bonifica’ e di lotta alla mafia che da anni stanno portando avanti a tutela dei cittadini e del territorio trapanesi»
Nessuno dei colleghi che ha raccontato dell’operazione Ruina portata a termine ieri, credo si sia permesso di fare di tutta l’erba un fascio scrivendo che i “trapanesi sono tutti mafiosi” né, immagino, si siano permessi di raccontare della loro poca accoglienza, perché non era inerente al tema e perché, in ogni caso, non corrisponde a verità ed in più occasioni, pertinenti al tema, è stato ribadito.
Però, forse l’assessore al turismo, prima di entrare nel merito, avrebbe dovuto almeno sbirciare la relazione semestrale della DIA presentata in Parlamento dal generale Giuseppe Governale, direttore della DIA, lo scorso luglio (QUI) che sul capitolo dedicato alla criminalità siciliana, e trapanese in particolare utilizza parole differenti. Parole fatte di dati, numeri, statistiche che tracciano confini, interessi, contatti, fornitori, appalti, metamorfosi, linguaggi, codici, appartenenze. Fotografie di uno stesso paesaggio che usano parole differenti per raccontarlo. Dettagli, particolari, elementi che non hanno il tempo di emozionarsi davanti ad un tramonto perché vengono raccolti giorno e notte senza sosta e che un rappresentante di Fratelli d’Italia dovrebbe sapere. Zoom su casi e case che non conoscono coincidenze ma, che si raccolgono per farsi statistiche. Focus su cambiamenti che si fanno analisi e poi rapporti per arginare e salvare territorio e abitanti fino al prossimo scatto magari più disteso e il linea con la bellezza.
Probabilmente l’assessore voleva invitare i lettori che usano i social ad andare oltre i titoli e fare riferimento alla bellezza di un territorio che migliora per questi contributi.
Mà