Un milione di euro è il valore della richiesta avanzata da ognuno dei 18 pescatori (otto italiani, sei tunisini, due indonesiani e due senegalesi) che dal primo settembre vennero bloccati a Bengasi per 108 giorni al Governo libico.
La tragica vicenda scotta ancora nella memoria e nelle pagine di cronaca che in quei giorni raccontarono anche di come i familiari e la categoria dei pescatori cercarono in tutti i modi di sollecitare il Governo italiano per la liberaqzione degli stessi che avvenne poi a pochi giorni da Natale quando, finalmente, a bordo dei motopesca mazaresi “Medinea” e “Antartide”, colpevoli di aver pescato in acque internazionali, limite arbitrariamente determinato dagli stessi libici, a circa 35 miglia dalle coste libiche, salpavano da Bengasi per far rientro al porto di Mazara del Vallo il 20 dicembre scorso.
L’istanza è contenuta in una lettera firmata dagli stessi componenti degli equipaggi (Pietro Marrone, Onofrio Giacalone, Giovanni Bonomo, Michele Trinca, Vito Barracco, Salvo Bernardo, Fabio Giacalone, Giacomo Giacalone, Karoui Moha- med, Ibrahim Mohamed, Mathlouthi Habib, Ben Haddada M’hamed, Jemmali Farhat, Ben Thameur He- di, Moh Samsudin, Indra Gunawan, Daffe Bavieux e Ben Thameur Lys- se) inviata alla Libia e per conoscenza anche al governo italiano, all’Ue e all’Onu.
«Abbiamo patito le pene dell’inferno – hanno scritto, come riporta il Giornale di Sicilia – le guardie non perdevano occasione per sparare in aria. Oggi tutti noi scontiamo le conseguenze psico-fisiche di quei giorni insieme ai nostri familiari e pretendiamo un’indagine decisa da parte di tutti voi, affinchè tali eventi non abbiano più a verificarsi».
A sostenere la richiesta dei 18 pescatori sono stati i sindacalisti Tommaso Macaddino (Uila Pesca) e Giovanni Di Dia (Flai Cgil) che hanno affermato: «sulla vicenda è calato il silenzio, ancor più inquietante per il fatto che nell’agenda dei recenti colloqui fra il Governo italiano ed il nuovo Governo libico non è stata affrontata la questione della sicurezza dei nostri pescatori nelle acque internazionali davanti la Libia».