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    L’informazione ha ancora bisogno di libertà

    Era il 3 maggio del 1993 quando l’Assemblea generale dell’Onu proclamava per la prima volta la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa. A distanza di ventisette anni, oggi, Dunja Mijatović, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, in un messaggio inviato a Ossigeno per l’Informazione, ha salutato l’iniziativa che celebra questa Giornata, lanciando un nuovo sito giornalistiuccisi.it dedicato a tutti i 30 giornalisti italiani uccisi, dal 1960 ad oggi, mentre informavano.

    «Un’opportunità unica di vedere gli esseri umani dietro ai professionisti – ha detto la Commissaria -. Per ciascuno di coloro che sono stati uccisi perché cercavano la verità, il sito di Ossigeno racconta la storia di quella persona, cosa lui o lei stessero investigando – e cosa sia stato fatto per punire i responsabili della loro uccisione».

    La libertà dei media è, insieme al potere giudiziario indipendente e alla responsabilità democratica, una delle componenti chiave dello stato di diritto. Nel 2020 un’informazione plurale e libera dovrebbe essere scontata, invece non lo è.

    Negli stati in cui lo stato di diritto e la democrazia sono minacciati, i giornalisti sono tra i primi a cui viene impedito di fare il proprio lavoro e di tenere conto dei governi.

    Nel nostro Paese, alcuni editori sono operai di poteri che fingono di usare i contratti pubblicitari per riempire i menabò. Nonostante i giornalisti vogliano rispettare la libertà sancita dall’informazione, chi ha famiglia e non può permettersi di perdere il posto. Sono ricatti silenziosi pagati due denari ma vissuti a caro prezzo. Così le parole camminano secondo i piani. I dissidenti, quando va bene,  vengono accusati di diffamazione.

    Stati di emergenza, come la pandemia che ha colpito l’intero universo, inaspriscono le formule con le quali quelle parole devono essere centellinate. Uno studio piuttosto che un altro si arroga il diritto di esistere su questa o quella testata tanto da interpellare virologi che, sul nome di gente la cui morte ancora brucia, si permette anche di litigare. Ma l’Italia conosce bene il meccanismo che ha messo spesso bavagli in maniera ancor più pesante. E’il caso di Mauro Rostagno, il cui processo è ancora in corso, ucciso a Lenzi perché aveva “ficcato il naso dove non doveva (sintetizzando) o perché aveva la lingua troppo lunga. Insomma gli hanno chiuso la bocca. Effettivamente le denunce Stato-mafia a viso scoperto nell’88 fanno paura forse più di adesso.

    Oggi secondo il Reporters Sans Frontieres (RSF)2020 la libertà di stampa all’italiana si trova al 41° posto. Il primo posto è della Norvegia seguita da Finlandia, Danimarca e Svezia. Le maglie nere sono in Cina, 177° posto, Eritrea, 178; Turkmenistan, 179 posizione e la Corea del Nord, 180 e ultima posizione.

    Il terzo millennio si scopre essere molto distante da ciò che avrebbe dovuto essere. O almeno da ciò che avremmo immaginato fosse. Resta lontano dalla libertà di esprimerci, nonostante in molti, con l’accesso social, si sentano in diritto (sacrosanto?) di dire la loro. Lontano dalla certezza dell’immortalità e dell’immunità. La pandemia ci ha messo tutti davanti alla certezza dei limiti: nessuno è dio e un virus, può distruggere le tue certezze in un attimo. Quelle di tutti. Nessun vaccino. Al momento. Nessuna cura. La libertà, oggi, domani e sempre non avrà prezzo.

     

    Emma L.

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