Antonino Bonafede, boss mafioso marsalese, è morto, giovedì scorso, 22 luglio, nella sua abitazione, all’età di 85 anni, ristretto in detenzione domiciliare. Dal 2017, dopo la condanna definitiva per associazione mafiosa, gli era stato concesso, per ragioni di salute, di finire la sua pena (altri cinque anni) a casa.
A fine di maggio appena trascorso, in virtù un’ulteriore condanna definitiva per violazioni agli obblighi imposti ai condannati mafiosi, il Tribunale di Marsala, a seguito dell’inammissibilità del ricorso dell’imputato dichiarato dalla Cassazione nel febbraio di quest’anno, gli aveva confermato il termine della detenzione domiciliare al 2026.
Antonino Bonafede, ex allevatore, era padre dell’ex latitante Natale Bonafede, in carcere con condanna all’ergastolo per omicidi commessi nei primi anni ’90 su ordine della Cupola allora capeggiata da Totò Riina. “Le ultime indagini sulla mafia trapanese, effettuate dal Ros dei Carabinieri – hanno recentemente spiegato gli investigatori – hanno fatto emergere come, a seguito degli arresti dei capi famiglia, i fratelli Rallo Antonino e Vito Vincenzo, la reggenza vacante della famiglia di Marsala sarebbe stata affidata, nel 2009, proprio all’anziano uomo d’onore Antonino Bonafede (“zio Nino“), ritenuto una garanzia anche in virtù dei precedenti rapporti di massima collaborazione con lo storico defunto capo mandamento di Mazara del Vallo, Vito Gondola, con il quale venivano organizzati i summit mafiosi“.
Fu nell’aprile 2018 che la Cassazione rese definitiva la condanna di Antonino Bonafede a 16 anni di carcere (pena “complessiva”, comprendente cioè una precedente condanna a 6 anni già scontata) inflitta l’8 giugno 2015 dal Tribunale di Marsala, e confermata il 13 novembre 2017 dalla Corte d’appello di Palermo, nell’ambito del processo scaturito dall’operazione antimafia dei carabinieri “The Witness“, del 9 marzo 2015.