Una «frattura al cranio» potrebbe essere tra le cause che avrebbe provocato la morte di Matteo Lo Iacono. Una frattura che è stata rilevata dall’esame autoptico, richiesto dalla famiglia della vittima ed effettuato alla presenza del dott. Paolo Procaccianti, medico legale di fiducia della famiglia Lo Iacono «Questo particolare potrebbe essere compatibile con una caduta all’indietro, ma ritengo che la causa della morte non sia da collegare a questo, anche se rimaniamo in attesa degli esami istologici».
Una caduta che avrebbe fatto capitolare all’indietro Matteo, detto “il Capitano” proprio perché era un leone di mare, facendogli battere la testa e provocandogli la frattura. Una circostanza che fa aumentare gli interrogativi già abbondanti sulla vicenda. Adesso che non ci sono testimoni a cui chiede cosa o chi l’ha provocata, non resta che ipotizzare ed escludere. Come aveva già sottolineato più volte l’avvocato della famiglia, il mare quella sera, la sera che precede la scomparsa del peschereccio, nella notte tra 12 maggio e il 13 maggio scorso, era calmo. Cosa o chi, quindi, fa cadere Matteo all’indietro?
In attesa degli esami istologici, si avvalora sempre di più la tesi del legale Ruffini, secondo la quale, un evento imprevisto e fulmineo , ha l’inabissato il Nuova Iside oggi ancora disperso insieme all’armatore Vito, figlio ventiseienne di Matteo. «Tutti gli indizi che continuano a emergere confermano in maniera chiara ed inequivocabile che il peschereccio è affondato per cause esterne, certamente non riconducibili alle condizioni meteo», ha sottolineato l’avvocato Aldo Ruffino, legale della famiglia Lo Iacono.
La verità, almeno per il momento, continua a rimanere inabissata nella scatola nera custodita all’interno del Nuova Iside dove probabilmente Vito Lo Iacono è rimasto incastrato. Intanto è possibile che venga richiesta la riesumazione della salma di Giuseppe Lo Iacono, per effettuare, anche sul suo corpo, l’autopsia in cerca di prove da comparare e dettagli che possano smentire o avvalorare l’ipotesi dell’avvocato Ruffini. E mentre la Procura indaga, le ricerche della Marina Militare e della Guardia costiera continuano sul mare che bagna le coste di San Vito lo Capo e Ustica.
E’ lì che sono stati ritrovati i corpi di Matteo e di Giuseppe Lo Iacono ed è da lì che alle 21:45, Vito ha inviato l’ultimo segnale dal blu box del peschereccio comprato due anni prima, senza mai però inviare il successivo alle 23:45.
Dallo scorso lunedì la Marina Militare è operativa con la Nave Numana. Si tratta di un’Unità tipo Mine Hunter Coastal (Cacciamine Costiero) capace di raggiungere fino a 600 metri, progettata per la localizzazione e la disattivazione/distruzione di mine navali. Nonostante il principale impiego operativo sia orientato ad operazioni di bonifica di aree marine con presenza di ordigni, per le peculiarità che caratterizzano questa tipologia di Unità navali, si presta anche ad un impiego “dual use” nel tempo utilizzato per collaborazioni con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con la Magistratura nazionale e con altri Enti e Dicasteri dello Stato, tutti interessati ad esplorare le profondità marine con lo scopo di ricercare e investigare. Disponendo di camera iperbarica multiposto e personale sanitario specializzato in fisiopatologia subacquea, la Nave, all’evenienza, dispone di personale palombaro che consente la possibilità di effettuare immersioni operative. Di fatto, stanno setacciando i fondali dai quali però il Nuova Iside sembra essere sparito.
In un recente articolo apparso su La Repubblica, alcuni colleghi hanno effettuato una ricerca tramite Marinetraffic, il sito che dà la possibilità di tracciare la presenza di navi e i loro spostamenti in una determinata area circoscritta. Il loro, è ovviamente un risultato senza evidenze scientifiche, perché non tutte le imbarcazioni danno la loro posizione esatta rispetto alla portata d’acqua nella quale si trovano ma, MarineTraffic, consente di poter rilevare, in base a chi gli fornisce le coordinate, anche informazioni relative alla loro identità. Ci informa cioè se si tratta di navi mercantili, navi passeggeri, barche da pesca o imbarcazioni da diporto e, addirittura di quante persone trasporta.
I colleghi, inserendo la posizione di Nuova Iside, (San Vito lo Capo e Ustica) e prevedendone il margine di scostamento di errore (tra le 21:40 del 12 maggio e le 3:00 del 13 maggio), ci fanno notare che, intorno alle 22:50, passava nella rotta del peschereccio una petroliera. Come già evidenziato (QUI) lo stesso avvocato Ruffino era stato certosino nel riportare gli orari dei messaggi sia del blu box (21,45) con il quale si dà la posizione del peschereccio, sia quelli Whatsapp scambiati con la famiglia alle 22,33.
Francesco Cortese e Giorgio Ruta, hanno quindi contattato l’armatore della petroliera e tramite il responsabile delle relazioni esterne, è arrivata la confermata della presenza dell’imbarcazione quella sera in quella rotta ma «l’equipaggio non ha sentito né visto nulla e per questo non hanno potuto prestare assistenza. Il tratto di mare dove navigavano è molto grande». Ma assistenza a chi o che cosa se non hanno visto o sentito? Già, il mare è grande abbastanza da costringere però la stessa imbarcazione a rallentare. Intorno alle 23, scrive Repubblica, la nave ha un improvviso calo di velocità: passa da 12,3 a 11,9 nodi. Un piccolissimo rallentamento determinato da innumerevoli fattori ma che la notte tra l’11 e il 12 maggio ne vuole solo uno: verità, quella che prima o poi verrà a galla.