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    Prof e mamma, Rosanna Novara, racconta il cambiamento che il virus ha portato nei giovani e nella didattica del “Rosina Salvo”

    Nelle scuole di tutta Italia, da sempre chiassose e operose, ad un certo punto, è calato un insopportabile silenzio. Era febbraio quando nella penisola suonava l’ultima campanella. In Sicilia l’attività didattica è stata sospesa dal 6 marzo. All’unisono, quasi, con il lockdown capace di paralizzare il mondo per pandemia. Il tempo, però, non s’è fermato. E’ passato nonostante tutto, fino a questo maggio.

    E’ arrivata la primavera. Ora ci è permesso di uscire quasi fosse ancora carnevale. L’importante è stare lontani, almeno un metro, indossare guanti e mascherina, altrimenti, nonostante la fase2, si potrebbe riparte dal via: tutti in quarantena!

    Purtroppo, però, non è carnevale e, ahimè, non stiamo nemmeno giocando al Monopoly. Tutti abbiamo subìto, ma anche reagito al covid-19 che ha stravolto le nostre vite: famiglie, docenti e studenti, hanno avuto la storica “lezione di vita”ognuno ha stravolto le sue abitudini a cominciare dai rapporti.

    Nidi, scuole dell’infanzia, scuola primaria, medie, superiori e anche le università ci hanno costretti a casa per fronteggiare un nemico sconosciuto e invisibile. Ogni legame col mondo esterno è stato tagliato. Perché eravamo proprio noi, i nostri piedi, le nostre mani, la nostra bocca a portare in giro in virus

    La scuola ha introdotto la didattica on line. Probabilmente nessuno era mai stato formato per una video lezione (ovviamente mai per effettuarla sotto tale stress). Non giudichiamo il risultato didattico ma proviamo ad immaginare un lavoro che non è un progetto che si porta a termine con la condivisione di idee, lo sviluppo di progetti, l’invio di mail. La scuola è contatto, emozioni, relazioni, umori, rapporti umani, calore, crescita, stimoli, sviluppo, pensieri, movimento, aria. La scuola è futuro ed il futuro, se è vero che non si ferma, non si può nemmeno mutilare. Ma ci si adatta alle emergenze. Lo ha fatto anche la Professoressa Rosanna Novara, docente di italiano e latino in una prima, di lingua e cultura latina in terza, quarta e quinta dell’IIS Rosina Salvo di Trapani.

    Professoressa, come vi siete adattati voi a questa emergenza? Eravate pronti?

    «Il “Rosina Salvo”,come ben sai,dato che lo hai frequentato per 5 anni, è sempre stato un istituto all’avanguardia sul piano pedagogico,anche in quanto ex istituto magistrale. Già da tempo è dotato di laboratori multimediali e linguistici,computer e Lim in ogni classe, ed era stato attivato Google Classroom, servizio web per le scuole e le università per creare e inviare materiale didattico, assegnare e  valutare compiti online e Google Meet, piattaforma online che ci ha  permesso di organizzare da subito riunioni video online e lezioni virtuali.»

    Da quanto tempo insegna in questa scuola?

    «Insegno al “Rosina Salvo” dall’a.s 92/93, quindi da 27 anni ….che sono volati in modo sempre piacevole e costruttivo. Quando sono arrivata,in I A,a secondo banco, a destra, fila centrale, c’era una ragazzina con gli occhi vispi e un pò spaventati che si chiamava Marina…l’ho portata sino agli esami di Stato»

    Durante questi anni, il ministero della Pubblica Istruzione, quanti corsi di formazione vi ha somministrato orientati verso la crescita o la semplice  sperimentazione della didattica on line?(non so vi hanno somministrato corsi su Google Meet, Zoom, Padlet, la semplice LIM)

    «Abbiamo fatto dei corsi per l’utilizzo del registro elettronico e di classroom,  tenuti da docenti interni  esperti di informatica e sempre molto disponibili a risolvere le numerose difficoltà di una generazione di docenti non nativa digitale».

    Come ha gestito con i suoi alunni questa interruzione fisica delle lezioni?

    «I contatti si sono creati subito, con la formazione di gruppi Whatsapp e il successivo utilizzo di Gogle Classroom e della piattaforma Google Meet per le video lezioni. Le difficoltà non sono mancate, perchè molti alunni non disponevano di un PC o di un tablet, o dovevano condividerlo con altri membri della famiglia. Parecchi ancora adesso utilizzano solo il cellulare,che rende più difficoltoso, per esempio ,lo svolgimento  e l’invio di esercizi e compiti…Per non parlare delle difficoltà di connessione,spesso vere,altre volte millantate per evitare verifiche e/o richieste di interventi».

    Crede che per garantire il diritto costituzionale alla salute sia stato, in un certo senso,violato quello allo studio e all’insegnamento o ritiene che l’emergenza abbia spronato l’evoluzione di questa parte della didattica?

    «Credo non si potesse fare diversamente,ma certo non tutte le scuole erano preparate come la nostra e in ogni caso questo brusco passaggio dalla didattica in presenza a quella a distanza ha sicuramente svantaggiato i più deboli».

    Così come l’Italia è fatta dagli italiani, anche la scuola è fatta dai docenti. Ci sono stati momenti in cui si è fatta forza con i suoi colleghi mentre cercava di aiutare i suoi alunni?

    «La scuola è fatta dai docenti,dici bene. Da docenti che hanno la funzione/missione di formare le generazioni future. Mi auguro che questa emergenza  possa  dare finalmente il rilievo che merita a questa fondamentale Istituzione. Soprattutto nella fase iniziale il reciproco supporto tra colleghi è stato importante e la comunicazione intensa, mentre gli alunni stessi ci chiedevano rassicurazioni e ci ringraziavano per la nostra vicinanza».

    Prendersi cura delle emozioni dei giovani, interpretarle attraverso il filtro dell’esperienza e della razionalità ha rappresentato lo sforzo maggiore più dell’impostazione delle sue lezioni? E che differenza c’è tra l’insegnare in classe e in smart?

    «Come diceva un mio vecchio dirigente scolastico,ogni docente porta in classe il suo stile,inteso come personale sensibilità , capacità di empatia,di trasmettere valori e visione del mondo. Una lezione in classe non è una semplice trasmissione di saperi e a distanza è molto più complesso cogliere e interpretare emozioni, incoraggiare e correggere in giusta misura».

    Come si svolgono le lezioni, partecipano tutti? E il consiglio di classe?

    «Lezioni e consigli di classe, come ho già detto, si svolgono tramite la piattaforma Meet, che con la funzione Grid permette di visualizzare tutti, o almeno quelli che azionano la telecamera e si premurano di tenerla attiva! Infatti  buona parte della lezione, soprattutto nelle prime classi, è sprecata in appello, sollecitazioni a intervenire,ad azionare o “mutare” (neologismo creato dagli studenti) i microfoni.  In alcune classi un quarto circa degli alunni  partecipa raramente o mai, perchè non ha computer ,tablet , cellulari adeguati,connessione sufficiente. La scuola ha messo a disposizione in comodato gratuito i PC di laboratori ed aule,ma non sono sufficienti per tutti».

    Quali erano le paure dei suoi studenti?

    «Le paure degli studenti,dopo un primo periodo di frastornamento,erano la salute dei propri cari e quella di perdere l’anno scolastico»

    Ci sono stati, durante le lezioni, dei momenti di sconforto? Come sono stati gestiti?

    «I momenti di sconforto,inizialmente, sono stati più dei docenti che degli alunni, il cui stato d’animo è stato invece, in un primo momento, di euforia; credevano infatti si trattasse di una vacanza inaspettata, anche perché da noi al sud la pandemia non aveva avuto forte diffusione; poi sono affiorate paure ed ansie, che il nostro ministro ha cercato, forse, di arginare prospettando, neppure velatamente, una promozione per tutti. Il succedersi degli eventi, il lockdown sempre più rigido, le precisazioni/rettifiche del ministro, hanno aggiustato il tiro, rendendo gli studenti liceali più consapevoli della gravità del momento e della necessità di un maggiore impegno nello studio con la didattica a distanza».

    E il livello d’attenzione è rimasto lo stesso che si aveva in classe o ha subito delle trasformazioni?

    «In una video lezione il livello di attenzione non può essere lo stesso che in classe:le telecamere e il microfono possono essere disattivate,per cui si può fingere di essere collegati e ascoltare e in realtà fare altro. I docenti,soprattutto nelle prime classi del liceo e con gli alunni più fragili,devono cercare di tenere tutti sotto controllo e rendere le lezioni il più possibile interattive. Le difficoltà maggiori si hanno per lo svolgimento delle prove scritte,cui però la maggior parte dei docenti non ha rinunciato».

    Insegnando italiano, ha proposto dei temi sull’argomento coronavirus piuttosto che sulle emozioni provate in isolamento? C’è stato qualcuno che l’ha colpita particolarmente e perché?

    «Nella prima dove insegno italiano ho dato un tema dal titolo “La mia vita in quarantena:tra cronaca,sensazioni e riflessioni. E’ emersa la difficoltà dei ragazzi ad esprimere le proprie emozioni e a formulare riflessioni che non fossero scontate.

    Tutti però hanno evidenziato come si siano sentiti accolti e protetti dall’istituzione scolastica, personificata dai loro docenti. Questo mi ha fatto molto piacere,perché ha confermato il valore dell’istituzione scuola».

    Trapani è una città aperta e di relazioni. Quanto l’uso responsabile della tecnologia ha aiutato i ragazzi in questo isolamento sociale e quanto ha, invece, procurato in loro dei danni?

    «Indubbiamente la tecnologia ha aiutato tutti quanti a superare il trauma dell’isolamento, ma ci ha anche resi più consapevoli dell’importanza di uno sguardo,di una semplice stretta di mano,della condivisione degli spazi per lo studio e lo svago. Mai molti studenti avrebbero pensato di non vedere l’ora di ritornare a scuola e avrebbero chiuso una lezione dicendo a un professore :”Ci Manca !”»

    C’è chi è riuscito a fotografare e ad arrivare anche alla Trapani invisibile. Come si è organizzata la sua scuola per garantire la didattica a chi non aveva gli strumenti?

    «A seguito della sospensione delle attività didattiche in presenza e la conseguente attivazione dei percorsi di didattica a distanza, dovuta all’emergenza Coronavirus, la scuola 

    ha  proceduto -sulla base della strumentazione posseduta – a fornire ad alcuni alunni in difficoltà strumenti idonei in comodato d’uso gratuito per la partecipazione alle attività didattiche. Inoltre, grazie a recenti finanziamenti si sono acquistati nuovi notebook e strumenti per la connettività, ma  non si sa ancora quando tali dispositivi potranno essere disponibili,data la massiccia richiesta a livello nazionale».

    Preferisce il metodo tradizionale o questo “innovativo”? E i suoi studenti?

    «Credo che la didattica a distanza ,nei termini in cui si sta effettuando oggi nella mia scuola e in molte altre scuole d’Italia,  possa essere accettabile solo in situazioni di emergenza, come quella che stiamo vivendo. La valenza della didattica in presenza è indiscutibile».

    Cosa ne pensa del distanziamento che bisognerà prendere a settembre.Con i rapporti numerici (docente/alunno) odierni crede sia fattibile?

    «Lo stesso ministro si è dichiarato contrario alle “classi pollaio”(espressione che non mi piace anche se rende bene l’idea),quindi sono fiduciosa che si creeranno classi con non più di 15 alunni,almeno a partire dalle prime .Come si risolverà il problema per le altre è un’altra storia,che mi preoccupa:computer e tablet costano meno di ristrutturazione e/o costruzione di scuole,assunzione di nuovi docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario».

    Come vede la formula degli esami di maturità proposta dal ministro Azzolina e quale sarebbe stata la sua proposta?

    «Mi sembra che la scelta di non svolgere le prove scritte e di una commissione  interna con presidente esterno sia adeguata alla contingenza. Nella nostra scuola comunque sono state regolarmente svolte online  le  simulazioni delle due prove scritte ,con  durata di 6 ore per ciascuna,prima che il ministro si esprimesse sulla soppressione delle stesse».

    Come si sta organizzando la sua scuola?

    «Riguardo agli esami la mia scuola attende,come tutte , le direttive ministeriali,che finora sono state un po’ lente e abbastanza”aperte”,nel senso che è stata lasciata ad ogni scuola la possibilità e la libertà di organizzarsi, presumo a seconda dei mezzi e della tipologia di utenza. E’ di ieri la dichiarazione del ministro del colloquio orale in presenza della durata di un’ora»

    Alla fine ci sarà una nuova scuola o forse cambieranno solo le persone?

    «La scuola è un organismo vivo,perché fatto di persone,soprattutto giovani, e dunque cambierà insieme alle persone. Cambierà in meglio se gli adulti che hanno la responsabilità educativa sapranno svolgere bene il loro compito,che è quello di educare oltre che di istruire. Bisogna ci sia una giusta misura tra innovazione e tradizione. Il nuovo non si può e non si deve fermare : “ Recentiores non deteriores”,per usare un’espressione filologica, da docente di italiano e latino  (che però quando comunica via Whatsapp con gli alunni usa anche gli emoticon )»

    Lei è anche mamma di due figli uno dei quali è medico all’Humanitas di Milano. Come ha vissuto questo lockdown da mamma di un figlio impegnato in prima linea nella lotta al virus?

    «Si, mio figlio è medico specializzando in oculistica all’Humanitas di Milano e mia figlia si laureerà a giugno,non si sa ancora se in presenza o online, sempre in medicina, al Campus biomedico di Roma.Mio figlio mi raccomandava il lokdown ben prima che venisse decretato in tutta Italia e nella stessa Lombardia. Da subito, in quanto distaccato all’Humanitas” di Bergamo, ha cominciato a constatare di persona la drammaticità della situazione e a lavorare con guanti e mascherina, benché non fossero obbligatori. Ancora adesso è a Milano e non so quando potrà tornare. Sono stata e sono in ansia e trepidazione,ma so che è molto scrupoloso e attento. Devo mostrarmi ed essere forte».

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