A quarant’anni dalla strage di Ustica, dopo l’audio fatto emergere dai tecnici della Rai a seguito del reportage di Pino Finocchiaro per Rainews24, in queste ore si aggiunge un altro elemento a quello che resta uno dei più grandi misteri d’Italia mai risolto. Una tragedia, certo, le cui colpe restano impunite e pagate da vittime innocenti. Pesano su tutti, i mille perché a cui, da quel 27 giugno del 1980, nessuno ha risposto.
Cosa successe realmente quella notte. Perchè e chi fece precipitare il DC9 dell’Itavi in viaggio da Bologna verso Palermo?
Oggi, 27 giugno 2020, giorno del 40° anniversario della strage, su La Stampa è Francesco Grignetti a scrivere di una soffiata da parte del Sismi (prima Sid) scritta su un cablogramma, che avvertiva il governo italiano del “pericolo a breve” che correva il nostro Paese per mano del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Ma non solo. Fra gli obiettivi dell’Fplp, c’era anche il “dirottamento di un Dc9 Itavia”. Un’anticipazione, quella data al capocentro del Sismi in Libano, Stefano Giovannone, che secondo lo stesso 007 poteva «coprire i reali obiettivi e luoghi delle suddette operazioni». Notizie cifrate per decenni coperte da segreto di Stato assoluto, e che solo dal 2014 sono state parzialmente declassificate.
Notizie che scottano queste sui telegrammi inviati al governo italiano dal colonnello Giovannone, poco prima della strage e anche il giorno stesso, 27 giugno 1980. «Ventisette giugno 1980, 40 anni fa – scrive La Stampa -, la sede centrale del Sismi riceve allarme rosso dal Libano».
Un allarme rosso che recita: «Habet informazioni tarda sera. L’Fplp avrebbe deciso di riprendere totale libertà di azione senza dare corso ulteriori contatti a seguito mancato accoglimento sollecito». Si tratta, scrive Grignetti su La Stampa, di «un telegramma cifrato che per decenni è stato coperto da segreto di Stato, inaccessibile a chiunque, magistrati compresi, e che solo dal 2014 è stato parzialmente declassificato. Attualmente vi è apposto il timbro di “segretissimo”. Non è dato sapere se i magistrati di Roma, che tuttora indagano sulla Strage di Ustica, lo abbiano avuto in visione. Di sicuro nel 2016 lo hanno letto i membri della Commissione Moro II, ma senza possibilità di fotocopiarlo, e con divieto assoluto di divulgazione». Si legge.
Si stratta di un documento «che La Stampa è finalmente in grado di raccontare» e che contiene un allarme, quello del Sismi, scrive il quotidiano, «arrivato a Roma poche ore prima del disastro aereo, è oggettivamente inquietante e rilancerebbe la tesi dell’attentato ad opera di una frangia filolibica del terrorismo palestinese».
Il «telegramma – scrive la Stampa -, firmato dal colonnello Stefano Giovannone, l’ottimo capocentro del Sismi che da Beirut copriva l’intero Medio Oriente e si era meritato nel Sismi il nomignolo di Maestro, era l’ultimo di una serie sempre più angosciata. In quei mesi, per via di una storia di missili palestinesi sequestrati in Abruzzo, a Ortona, l’intelligence italiana aveva dovuto sostenere l’urto delle minacce da parte dell’Fplp, l’organizzazione palestinese di fede marxista. Il governo italiano aveva promesso che avrebbe trovato un accomodamento. Che il processo in corso sarebbe stato “aggiustato” e che quanto prima sarebbe stato rimesso in libertà il referente in Italia dell’Fplp, tale Abu Anzeh Saleh. Le cose però non erano andate così».
E a quel punto «quelli dell’Fplp erano furibondi – prosegue l’articolo -, c’era un’ala estremista che voleva passare all’azione ed era sempre più faticosamente contenuta dal leader George Habbash. Nel 1973 aveva sottoscritto anche lui, dopo Arafat, il Lodo Moro che avrebbe dovuto tenerci al riparo da attentati. Ma nel giugno 1980 faceva sapere di non essere in grado di tenere i suoi». E Giovannone, evidenzia La Stampa, scriveva: «Se il processo dovesse avere luogo e concludersi in senso sfavorevole, mi attendo reazioni particolarmente gravi in quanto Fplp ritiene essere stato ingannato e non garantisco sicurezza personale ambasciata Beirut».
“Impressionante è la sequenza”, scrive Grignetti su La Stampa: «Nove giorni prima del 27 giugno, Giovannone aveva inviato un altro allarmatissimo telegramma cifrato: «Non si può più fare affidamento sulla sospensione delle operazioni terroristiche in Italia e contro interessi e cittadini italiani decisa dall’Fplp nel 1973, e si può ipotizzare una situazione di pericolo a breve scadenza». Aveva saputo anche di più: «Fonte fiduciaria indica due operazioni da condurre in alternativa contro obiettivi italiani: 1) dirottamento di un Dc9 Alitalia, 2) occupazione di una Ambasciata”.
La soffiata, insomma, riguardava un Dc9 di linea. Ma “lo 007 – prosegue La Stampa – era troppo avvertito per credervi appieno». «Non si può escludere che la notizia sia stata diffusa allo scopo di coprire i reali obiettivi e luoghi delle suddette operazioni». Allo stesso tempo avvisava che l’Olp non poteva più garantire per l’Fplp “attualmente controllato da esponenti filolibici”. E infine c’era il timore che facessero «ugualmente le azioni minacciate utilizzando elementi estranei…».