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    Tornano in libertà i tre funzionari accusati di aver “spalmato” i dati pandemici per evitare la zona rossa in Sicilia

    All’inizio dell’inchiesta svolta dalla Procura di Trapani sui dati pandemici, ritenuti falsi nella modalità di comunicazione all’Istituto Superiore di Sanità, sull’andamento della pandemia, i capi di imputazione provvisoria ipotizzati erano 36. Lo scandalo fu enorme e la sua eco ridondante non solo sull’isola ma, anche nel resto d’Italia.(QUI)

    La Procura di Trapani, per incompetenza territoriale, ha poi trasmesso le carte a Palermo e dal trasferimento dell’indagine da Trapani al capoluogo dell’Isola, il pool coordinato dal procuratore aggiunto del capoluogo siciliano, Sergio Demontis, avevano ritenuto che non sussistessero molti dei falsi negli atti pubblici contestati dai loro colleghi trapanesi tanto da ridurre a 7 i capi d’imputazione.

    Proprio dopo il trasferimento dell’indagine da Trapani al capoluogo dell’Isola, il giudice Lo Bue era chiamato a decidere sulla rinnovazione della misura cautelare degli indagati che viene revocata.

    Il giudice ritiene sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per i tre indagati per i quali erano stati disposti i domiciliari. Misura, che però viene revocata: Letizia Di Liberti, dirigente della Regione siciliana, e Salvatore Cusimano, funzionario dell’assessorato regionale alla Salute, tornano così in libertà sebbene sospesi dal servizio per un anno. Torna libero, senza alcun provvedimento cautelare, anche il terzo indagato, Emilio Madonia, dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati.

    Gli indizi di alcune accuse rimangono, gli stessi pm di Palermo avevano ritenuto che in particolare i bollettini giornalieri (in cui si parlava di morti su cui lo stesso assessore Razza diceva “spalmiamoli un poco“) secondo le indagini svolte dai carabinieri del Nas di Palermo, avevano “dimostrato avere una funzione di tipo solo divulgativo, non potendo pertanto essere considerati atti pubblici”.

    I pm della Procura di Palermo (l’aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Andrea Fusco e Maria Pia Ticino), che hanno preso in carico il fascicolo dopo che il gip di Trapani si è dichiarato incompetente territorialmente, hanno approfondito alcuni aspetti, ritenendo che i numeri sui decessi “spalmati” non configurino il reato di falso ideologico. Diverso, invece, per i dati aggregati (tamponi, nuovi positivi al covid e ricoveri) che vengono caricati sulla piattaforma digitale dell’Istituto superiore di Sanità.

    Sottolinea la stessa gip: «La rilevanza dei dati aggregati caricati dagli indagati sulla piattaforma ISS ai fini delle valutazioni epidemiologiche effettuate in ambito regionale: valutazioni che possono incidere – si legge nel provvedimento – nelle determinazioni del Presidente della Regione relative all’istituzione delle zone rosse provinciali e/ o alla chiusura delle istituzioni scolastiche a livello provinciale. Appare pertanto riduttivo, oltre che errato, come più volte affermato nelle memorie difensive… affermare una mera valenza statistica/informativa dei dati aggregati presenti sulla piattaforma sulla Piattaforma Integrata Sorveglianza Covid-19».

    Il gip, che ha accolto la tesi dell’accusa, afferma: « non appaiono giustificabili le scelte di quotidiani aggiustamenti dei dati aggregati da parte degli odierni indagati, raccolti ed elaborati con tecniche e modalità rudimentali, che non consentivano il rispetto del parametro della correttezza e della qualità del dato, finendo per dar luogo a dati infedeli. E, infatti, emerge chiaramente – prosegue – dalle intercettazioni che molti dati non venivano trasmessi quotidianamente e finivano, per un tempo indeterminato, in una “zona grigia” da cui attingere per effettuare scostamenti al rialzo o al ribasso, finendo per falsare il dato».

    Dalle indagini dunque viene fuori che, «analizzando le caratteristiche di tali falsificazioni, dalle intercettazioni è agevole notare che tendenzialmente esse venivano effettuate in modo da far risultare – si legge – un numero di tamponi superiore rispetto a quello reale, cercando di garantire una proporzione bassa del numero dei positivi in rapporto ai tamponi effettuati».

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