E’ un’ancora di piccole dimensioni a riportarci indietro nel tempo. A raccontarci di civiltà ormai sommerse ma che ci hanno contaminato.
Siamo davanti le coste sanvitesi. Il mar Tirreno brilla sotto i raggi di un sole ormai pronto per l’estate. Marcello Basile, gestore di un diving della zona, durante un’immersione, nota la piccola ancora e ne segnala la presenza per la messa in sicurezza. Successivi sopralluoghi porteranno, la Soprintendenza del mare della Regione Siciliana a recuperare, nei giorni scorsi, questo resto d’antichità dai fondali marini e restituirlo alla luce.
Si tratta di un’antica ancora di piombo di epoca ellenistico-romana del IV-III secolo avanti Cristo. Un cimelio di piccole dimensioni, a ceppo fisso, con cassetta quadrangolare e perno centrale, con una decorazione a rilievo di delfino su uno dei due bracci. L’immagine del mammifero è associata ad Afrodite Euploia ed è uno dei simboli marini più benauguranti per la navigazione.
«Ancora una volta, dai nostri fondali – sottolinea il governatore Nello Musumeci – emergono importanti reperti delle civiltà più lontane. Fin dall’antichità, le città sorte sulle sponde del Mediterraneo hanno intrecciato la loro vita, la loro storia e i loro commerci con la Sicilia. L’unicità del nostro patrimonio archeologico è una risorsa importantissima. Il nostro compito e la nostra responsabilità è riportare alla luce queste testimonianze, tutelarle e valorizzarle, rendendole fruibili al mondo intero».
La Soprintendenza del mare ha organizzato le operazioni di recupero, coinvolgendo il Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza (con il quale esiste un Protocollo di intesa per le attività di ricerca e tutela dei reperti archeologici sommersi). L’operazione è stata effettuata in collaborazione con la Sezione navale di Trapani. Il reperto è stato recuperato a una profondità di 19 metri e l’ancora è stata portata a Palermo, nella sede degli uffici della Soprintendenza al Roosvelt.
«I nostri fondali e il nostro mare – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Alberto Samonà – continuano a rivelarsi un inesauribile serbatoio di memoria. Grazie alla sensibilità dei privati che vivono quotidianamente il mare e all’azione di collaborazione fra la Soprintendenza e la Guardia di Finanza, è stato possibile recuperare questo reperto di eccezionale valore storico e culturale. Questo ritrovamento ci inorgoglisce e ci ricorda che essere depositari di una ricchezza così grande, qual è il nostro patrimonio storico-culturale, vuol dire innanzitutto custodirlo, tutelarlo e valorizzarlo».
«L’operazione di recupero – aggiunge il soprintendente del Mare Valeria Li Vigni – ha testimoniato una forte attenzione da parte dei diving che potremmo definire le nostre ‘sentinelle della cultura‘ che, oltre ad avere un ruolo didattico e ricreativo rivolto agli appassionati dei fondali marini, svolgono una funzione di tutela di quei reperti che costituiscono motivo di attrazione e valorizzazione alla visita. L’esigenza di prelevare l’ancora è stata dettata dai tentativi di depredazione che erano stati segnalati e quindi dall’esigenza di salvaguardare una testimonianza della nostra storia».
Recupero ancora San Vito Lo Capo
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Pubblicato da Regione Siciliana su Mercoledì 27 maggio 2020